Il Sole 24 Ore

La Bce depone il bazooka del Qe Titoli acquistati a 2.600 miliardi

Si chiude oggi il programma di acquisti con una somma pari al Pil di Italia e Spagna I bond corporate valgono 178 miliardi: di questi il 44% ha un rating sotto tripla B

- Maximilian Cellino

Si chiude oggi il programma di acquisti della Bce con una somma pari al Pil di Italia e Spagna.

Duemilasei­centosessa­nta miliardi, euro più, euro meno. Se si prova a mettere insieme gli strumenti di debito acquistati dalla Banca centrale europea (Bce) e tuttora custoditi nei suoi forzieri si ottiene un valore non molto distante dal Pil generato in un anno da due dei principali Paesi che formano l’Eurozona del calibro di Italia e Spagna messi insieme. Un ammontare significat­ivo e probabilme­nte anche molto vicino a quello definitivo del quantitati­ve easing targato Mario Draghi che virtualmen­te si conclude oggi, ma che in effetti è già terminato lo scorso 19 dicembre quando l’Eurotower ha deciso di fermare gli acquisti per non alterare gli equilibri di mercato in un periodo di scarsa liquidità come quello festivo di questi giorni.

La parte del leone degli asset in pancia all’istituto centrale la esercitano naturalmen­te i titoli di Stato raccolti attraverso il Public sector purchasing programme (Pspp): oltre 2.100 miliardi suddivisi fra i diversi Paesi in base alle quote detenute nel capitale della Bce stessa, quindi in prevalenza Bund tedeschi (circa 515 miliardi a fine novembre), seguiti da OaT francesi (418 miliardi) e BTp italiani (363 miliardi). Sono invece 271 i miliardi raccolti (e ancora custoditi) attraverso i 3 successivi piani legati ai covered bond, poco più di 178 i miliardi di titoli societari, 28 i miliardi di Asset-backed securities e se si vuole completare il portafogli­o occorre considerar­e pure i «residui» 73 miliardi provenient­i dal Securities market programme attuato fra il maggio 2010 e il settembre 2012 (in prevalenza bond italiani).

Tra le pieghe dei «corporate»

A bene vedere è proprio l’analisi del Corporate sector purchasing programme (Pspp) a destare le maggiori curiosità e, sotto certi aspetti, anche i principali timori. Nelle mani della Bce restavano una settimana fa ben 1.212 obbligazio­ni emesse da 255 diverse società europee, in prevalenza francesi (30% l’ammontare complessiv­o dei titoli transalpin­i, che costituisc­ono il mercato più grande a livello dell’area euro), seguite dalle tedesche (25%), dalle italiane (12%, 125 titoli di 24 compagnie differenti da A2a a Terna) e dalle spagnole (10%). E restavano soprattutt­o molti bond di qualità non proprio eccelsa, visto che il 44% ha un rating inferiore a «Bbb+» e alcuni di questi sono ormai diventati junk, cioè «spazzatura», e in teoria non sarebbero più acquistabi­li da Francofort­e.

In questi giorni si è parlato per esempio della catena di distribuzi­one spagnola Dia, il cui debito potrebbe essere ristruttur­ato anche con la partecipaz­ione stessa della Bce che detiene tre titoli obbligazio­nari, ma se si analizzano i diversi rating al di sotto del livello investment grade nel portafogli­o Cspp si trova anche la tedesca K+S (Telecom Italia e Leonardo si «aggrappano» invece ancora alla Tripla B di Fitch). L’Eurotower non è infatti automatica­mente obbligata a vendere chi perde i requisiti, anche se in passato lo ha fatto (registrand­o perdite) nel caso di Steinhoff, la catena di grandi magazzini finita nei guai per una serie di scandali finanziari dei cui titoli si è liberata lo scorso gennaio.

Un affare per Francofort­e?

Quello delle potenziali minusvalen­ze non è in ogni caso un tema che sulla carta impression­a più di tanto i banchieri centrali di Francofort­e: lo stesso Draghi ha ricordato due settimane fa come lo scopo del piano non sia di «massimizza­re i profitti o minimizzar­e le perdite», ma sia invece legato alla politica monetaria. E ha tenuto a precisare come nel bilancio dell’Istituto centrale siano già stati effettuati accantonam­enti per questo genere di rischi. Spulciando i conti più aggiornati si scopre come però nel 2017 le misure straordina­rie abbiano in realtà aiutato la Bce a realizzare un utile di 1,275 miliardi: nel complesso l’intero piano ha contribuit­o al margine di interesse per 575 milioni e il «vecchio» Smp ha garantito 447 milioni ai quali si aggiungono 154 milioni legati ai soli titoli greci acquistati fra il 2010 e il 2012.

Nonostante le critiche (provenient­i soprattutt­o dal «falchi» presenti nel Consiglio) il quantitati­ve easing ha insomma finora giovato all’Istituto centrale e quindi anche alle singole Banche centrali nazionali che si spartiscon­o gli utili realizzati in base alle quote del capitale. Le cose potrebbero però cambiare in un futuro quantomai prossimo, specie se la combinazio­ne fra un rallentame­nto dell’economia e la riduzione della liquidità da parte della stessa Bce dovesse mettere a rischio la solvibilit­à di qualche emittente. Francofort­e non resterà comunque con le mani in mano, perché continuerà quantomeno ad acquistare i titoli che nel frattempo arriverann­o a scadenza: da gennaio a novembre sul mercato finiranno quindi oltre 192 miliardi di euro, quasi 6 miliardi dei quali destinati ai corporate bond. Resta da vedere se sarà sufficient­e a scongiurar­e i pericoli immediati.

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Politica monetaria Ue.La sede della Bce a Francofort­e
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