Petrolio di nuovo sotto pressione La volatilità è ai massimi da tre anni
Anche la cinese Sinopec tradita dagli sbalzi di prezzo Sospesi due alti dirigenti
C’è anche il colosso statale cinese Sinopec tra le vittime delle sempre più violente oscillazioni dei prezzi del petrolio. La notizia che il gruppo petrolchimico ha sospeso due dirigenti in seguito a perdite nel trading è emersa ieri, proprio mentre il mercato compiva l’ennesima inversione di rotta: dopo il balzo dell’8,7% a Santo Stefano, il Wti ieri ha di nuovo perso oltre il 3%, chiudendo sotto 45 dollari.
La volatilità, misurata dalle opzioni a Chicago, si è impennata di recente ai livelli più alti da gennaio 2016, quando il petrolio crollava sotto 30 $/ barile, all’epoca il minimo da 13 anni.
Il mercato, che dallo scorso ottobre è diventato estremamente volubile e spesso imprevedibile, ha già tradito molti operatori esperti, compresi celebri gestori di hedge funds come Pierre Andurand. Problemi analoghi potrebbero essersi verificati anche nel gruppo cinese, benché non siano esclusi illeciti. Sinopec è crollata di quasi il 7% alla borsa di Shanghai dopo aver confermato l’apertura di un’indagine interna per non meglio precisate «perdite in certe transazioni di greggio durante la caduta dei prezzi». In attesa di «valutare i dettagli della circostanza» sono stati sospesi Cheng Bo, presidente della controllata Unipec, e Zhan Qi, rappresentante del Partito comunista nel gruppo.
La volatilità non è un’esclusiva dei mercati petroliferi. Anche l’andamento dei listini azionari è diventato molto instabile, in parte proprio per gli stessi motivi, in primis la crescente incertezza sulle sorti dell’economia globale. Ma Il prezzo del petrolio ormai sembra muoversi in modo irrazionale: l’ampiezza del crollo – quasi il 40% dai record di ottobre, quando il Brent volava oltre 85 $ – non è giustificato dai fondamentali, soprattutto alla luce dei tagli produttivi di Opec e Russia, in vigore dalla prossima settimana. Dall’annuncio della decisione Plus il petrolio ha perso il 16%, una reazione che negli ultimi dieci anni non si era mai vista in circostanze analoghe.
Il ministro dell’Energia russo, Alexandr Novak, dà la colpa (anche) agli Stati Uniti: la volatilità, spiega, è figlia delle incertezze create «dalle guerre commerciali e dall’imprevedibilità dell’amministrazione Usa». È tuttavia probabile che un ruolo importante ce l’abbiano anche gli algoritmi: quelli che guidano molti hedge funds (oggi disorientati dalla presenza di troppi segnali forti e talvolta contrastanti), ma anche quelli che tengono in piedi le operazioni di hedging delle compagnie petrolifere, specie quelle dello shale oil. A suggerire questa chiave di lettura è Phil Verlager, noto analista indipendente, secondo cui tali operazioni effettuate con contratti derivati riguardano ben 500 miioni di barili di greggio al giorno: quasi 16 volte la produzione dell’Opec. Gli aggiustamenti avvengono ogni volta che il Wti entra nella fascia tra 50 e 60 $/barile, definita da Verleger «range di instabilità», in cui raffiche di ordini immessi in automatico alimentano la volatilità.
á@SissiBellomo
VOLATILITÀ RECORD
Indice di volatilità del greggio (in dollari) , Cboe
PREZZI SULL’OTTOVOLANTE
Wti, Nymex (prima posizione, $/bbl)