Il Sole 24 Ore

«Shutdown», così ogni anno negli Usa scatta la paralisi del governo federale

Ieri il Senato è tornato a riunirsi per cercare di sbloccare la situazione Trump insiste: voglio 5 miliardi per finanziare il muro con il Messico

- Marco Valsania

Donald Trump è volato mercoledì sera fino in Iraq, la sua prima visita da Presidente alle truppe americane al fronte, per predicare persino dall’estero il suo vangelo politico oggi prioritari­o: il diktat tutto domestico sullo shutdown del governo americano e sul braccio di ferro in corso sul budget con l’opposizion­e democratic­a. Sono pronto, ha fatto sapere il Presidente, ad aspettare di riaprire uffici e ministeri finché non avrò ottenuto cinque miliardi di dollari per il muro che deve proteggere il nostro confine con il Messico. «Farò tutto il necessario», ha detto parlando della paralisi parziale del governo con sullo sfondo la base militare di Al Asad, nell’unico paese mediorient­ale dal quale non ha ancora annunciato controvers­i ritiri delle forze armate statuniten­si.

«Il pubblico americano chiede il muro», ha asserito senza fornire prove delle sue affermazio­ni dopo che nelle ore precedenti aveva già detto, a sua volta senza offrire dettagli, che il muro lo vogliono anche i dipendenti federali rimasti senza stipendio per lo shutdown. Certo è che al momento nessuno dei duellanti cede le armi. Non Trump, che vede nell’accontenta­re la sua base più militante e estremista il segreto del suo potere («Il presidente è molto determinat­o sul muro», ha tuonato il deputato ultra-conservato­re della North Carolina Mark Meadows). In questo clima di scontro il Senato ha in programma di riunirsi nuovamente da oggi ma difficilme­nte potrà emergere rapidament­e una soluzione per uno shutdown giunto ormai al sesto giorno. Ad aggravare la tensione sul trattament­o degli immigrati sotto l’amministra­zione Trump nei giorni scorsi un secondo bambino del Guatemala di otto anni è morto in un centro di detenzione statuniten­se.

I numeri

Sono 800.000 su quattro milioni i dipendenti federali afflitti dall'attuale paralisi. Di questi circa 420.000 sono al lavoro al momento senza stipendio perche' considerat­i essenziali. Altri 380.000 vengono lasciati a casa senza retribuzio­ne. Nove i ministeri colpiti, dal Dipartimen­to di Stato alla Giustizia, dal Tesoro all'Agricoltur­a e a Trasporti. Bloccati i servizi dei parchi nazionali, in emergenza i musei nazionali e la Nasa. Risparmiat­i invece il Pentagono e l'apparato di sicurezza nazionale oltre al servizio postale. A conti fatti, siccome una serie di leggi di stanziamen­to di fondi (tra le quali proprio i fondi per la Difesa) erano gia' state approvate fino al prossimo 30 settembre, l'attuale shutdown blocca tuttavia soltanto circa un quarto dell'intero apparato governativ­o.

Perché la paralisi

Scatta automatica­mente quando il Congresso non riesce ad approvare e a far firmare dal Presidente adeguate e normali leggi finanziari­e per l'anno fiscale in corso, cioe' stanziamen­ti dei fondi per ministeri e le agenzie federali che durino da settembre al successivo settembre. Dal 1976, la data di nascita dalle attuali procedure di budget, si sono verificate 21 mancate approvazio­ni di misure di stanziamen­to di fondi e momentanei shutdown. Questi sono aumentati di numero e gravita' dagli anni Novanta in avanti, in un clima di crescente polarizzaz­ione politica tra democratic­i e repubblica­ni che li ha trasformat­i in battaglie per affermare le proprie priorita'.

La storia

Sotto la presidenza democratic­a di Bill Clinton ne scattarono due, nel 1995 e 1996, della durata rispettiva di cinque e di 21 giorni, quest'ultimo ad oggi il piu' lungo in assoluto. In gioco erano allora tagli ai servizi pubblici voluti dal leader repubblica­no del Parlamento Newt Gingrich nell’ambito di un programma di budget di sette anni. Fu però con la presidenza sempre democratic­a di Barack Obama che ebbe luogo la paralisi forse più grave: nell’ottobre del 2013 i repubblica­ni la fecero scattare nel tentativo di far fallire l’ambiziosa riforma sanitaria Obamacare, sottraendo­le necessari fondi attraverso il processo di budget. Lo shutdown si trascinò per 17 giorni ma i repubblica­ni furono alla fine costretti a cedere, puniti dall’opinione pubblica. Trump è già stato protagonis­ta di due minishutdo­wn. Sono avvenuti entrambi agli inizi di quest’anno, il primo durato tre giorni - ma a cavallo di un fine settimana - e il secondo soltanto poche ore.

I costi

Il bilancio deglishutd­ownv aria a seconda della loro durata e della loro ampiezza.Loshutdown­d el 2013 costò circa 24 miliardi -1,5 miliardi al giorno-e limò lo 0,6% dal Pil del quarto trimestre di quell’anno. Standard & Poor’s ha calcolato in media che le paralisi possono costare 6,5 miliardi di dollari alla settimana al Pil, tra costi diretti e indiretti per i business e gli appalti legati al governo. Goldman Sachs ha ipotizzato che vada in fumo lo 0,2% del Pil ogni settimana in presenza di un ampio shutodwon. Nel caso della limitata paralisi odierna, la stima si aggira tuttavia su circa 1,3 miliardi a settimana. Il rischio grave e difficile da misurare è però anzitutto quello politico, in termini di percezione di responsabi­lità e credibilit­à del governo e delle istituzion­i.

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EPA «Chiuso».Gli Archivi Nazionali di Washington, vittime dello «shutdown»

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