L’esonero dall’Iva falsa la concorrenza nei servizi
I nuovi regimi disincentivano chi investe e assume
Tra i probabili effetti che il nuovo modello di imposizione agevolata sui redditi di imprenditori e professionisti definito dalla legge di Bilancio 2019 produrrà sul mercato dei servizi professionali non va sottovalutato l'impatto sulla concorrenza e sui processi di aggregazione degli studi professionali.
L'ampliamento del regime forfettario (fino alla soglia di 65mila euro di ricavi) e l'introduzione, a partire dal 2020, del nuovo regime analitico agevolato (flat tax) comporteranno notevoli risparmi fiscali per tutti quei contribuenti con strutture di dimensioni minimali.
Ad esempio un professionista iscritto alla gestione separata Inps con compensi annui di 50mila euro in regime forfettario conseguirà un risparmio di imposta, rispetto a un contribuente in regime ordinario Irpef, quantificabile in 283 euro netti al mese.
Va in ogni caso chiarito che gli studi professionali più organizzati non avranno la possibilità di accedere al regime forfettario, vuoi per ragioni di natura economica, che di fatto penalizzano i soggetti più orientati agli investimenti, vuoi per l'esplicita esclusione dei professionisti che esercitano l'attività in forma associata.
Da questo punto di vista è evidente che se da un lato il regime forfettario favorisce i professionisti meno organizzati, dall'altro costituisce un robusto disincentivo alla costituzione di studi integrati e multidisciplinari, sfavorendo proprio chi assume e chi investe. In un contesto in cui gli studi professionali italiani si caratterizzano per una dimensione media (2,7 addetti) ben più contenuta di quella dei più evoluti concorrenti europei, si rischia di non cogliere l'esigenza di rispondere efficacemente a un mercato che richiede servizi professionali sempre più articolati e complessi.
A tutto ciò va aggiunto che sia il regime forfettario sia il nuovo regime analitico agevolato prevedono l'esonero dall'applicazione dell'Iva, e dai relativi adempimenti, per tutti i soggetti che se ne avvalgono.
Di fatto, quindi, per tutti coloro che svolgono attività nei confronti di consumatori finali o soggetti che non detraggono l'imposta si determina un ulteriore vantaggio competitivo nell'adesione a uno dei regimi agevolati (forfettario o flat tax). Di fatto, quindi, tali soggetti potranno sommare a un vantaggio indiretto (minore imposizione fiscale) il vantaggio diretto di poter effettuare, a parità di altre condizioni, prestazioni professionali a costi più contenuti. Si pensi, ad esempio, a un consumatore finale che deve rivolgersi a un avvocato per una causa legata a una controversia condominiale: partendo dal medesimo onorario base di mille euro, il consumatore spenderà 1.196 euro nel caso decidesse di rivolgersi a un avvocato in regime forfettario e 1.459 qualora si affidasse a un legale in regime ordinario, con un aggravio del 22 per cento.
È evidente, allora, come un’estensione dell'esonero dall'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto potenzialmente applicabile non più ai soli soggetti minimali oggi compresi nel regime forfettario, ma all'80% delle persone fisiche esercenti attività d'impresa, arti o professioni rischia di produrre temibili effetti distorsivi sulla concorrenza.
A maggior ragione nei settori di attività svolte da iscritti alla gestione artigiani e commercianti dell'Inps, che a tutto ciò potrebbero sommare, previo esercizio dell'apposita opzione riservata ai contribuenti forfettari, l'abbattimento del 35% dei contributi previdenziali.