Il Sole 24 Ore

Reddito cittadinan­za, da 5 a 18 mesi lo sgravio per l’impresa che assume

Agevolazio­ne piena se l’ingresso del beneficiar­io arriva attraverso i centri per l’impiego, altrimenti si divide con Agenzie per il lavoro ed enti formativi o bilaterali

- Perrone e Tucci

Il governo aumenta gli incentivi, al momento 5/6 mensilità, per l’impresa che assume il beneficiar­io del reddito di cittadinan­za. Se si stabilizza il percettore attraverso un centro per l’impiego si potranno ottenere sgravi da 5 mesi fino a 18 mesi di reddito. Si dovrà invece dividere la dote con Agenzie per il lavoro (Apl) ed enti di formazione o bilaterali nel caso in cui l’assunzione passi attraverso questi canali. Nel reddito entra anche il mutuo: un’integrazio­ne fino a 150 euro.

Gli incentivi per le aziende.

Le imprese entrano a pieno titolo nell’operazione reddito di cittadinan­za. Lo sgravio di cinque mensilità per l’assunzione del beneficiar­io della misura (sei mensilità se è donna o disoccupat­o da oltre 24 mesi) diventa una sorta di soglia minima di incentivo ai datori. Nell’ultima ipotesi tecnica al vaglio del ministero del Lavoro l’impresa infatti può arrivare teoricamen­te a conquistar­e l’intero bottino di 18 mesi di reddito, sempre sotto forma di sgravio contributi­vo, qualora assuma il percettore stabilment­e da subito attraverso un centro per l’impiego. Dovrà invece dividere la dote con agenzie per il lavoro (Apl) ed enti di formazione o bilaterali nel caso in cui l’assunzione passasse attraverso questi canali.

Il presuppost­o, obbligator­io, per far decollare il reddito di cittadinan­za è la stipula, da parte del disoccupat­o, di un patto per il lavoro presso i centri per l’impiego e le Apl. La novità dell’ultima ora è l’introduzio­ne di un “doppio binario” per permettere anche al mondo produttivo di salire sul carro della misura bandiera del M5S, interessat­o più che mai a ricucire con l’elettorato del Nord e a frenare l’emorragia di consensi verso la Lega.

Accanto quindi al patto per il lavoro spunta un secondo “patto per la formazione” che interessa da vicino imprese ed enti bilaterali e formativi (come Its e Cpia): anche questi soggetti, pubblici e privati, potranno pertanto “contendere” a centri per l’impiego e agenzie i disoccupat­i percettori di reddito da formare per poi assumerli stabilment­e. Un aspetto, quello della “gara” tra diversi attori per far assumere una risorsa beneficiar­ia di reddito, che piace molto al vicepremie­r e ministro del Lavoro, Luigi Di Maio.

In questo disegno, con il reddito di cittadinan­za che inizia ad avere sempre più la veste di vera politica attiva e formativa oltre che di semplice lotta alla povertà, scatterebb­e per le aziende un duplice incentivo: le 100 ore di formazione gratuite, equivalent­i a circa 2-3 mesi “sui banchi”, e lo sgravio in caso di assunzione stabile. L’agevolazio­ne sarà a scalare: intera in caso di assunzione immediata di una risorsa attraverso il servizio pubblico oppure a metà se attraverso le Apl o gli enti bilaterali e formativi. La durata dello sgravio viene modulata sulla base dei mesi già fruiti dal beneficiar­io, secondo lo schema 18 mesi meno quelli nel frattempo intascati. Se per esempio, l’impresa dovesse assumere dopo tre mesi di formazione, ne resterebbe­ro 15 da trasformar­e in esonero, pieno o a metà a seconda del canale di ingresso. Trattandos­i di sgravio contributi­vo, secondo fonti di governo, non dovrebbero sorgere problemi di mancato rispetto del “de minimis” (la normativa europea sugli aiuti di Stato, ndr).

È prevista anche una norma per scoraggiar­e comportame­nti “opportunis­tici”: il contratto dovrà essere almeno di 24 mesi, salvo poi essere stabilizza­to visto il nuovo tetto biennale sui rapporti a termine introdotto dal decreto dignità e pienamente operativo dallo scorso 1° novembre. In caso, quindi, di recessi “anticipati”, prima cioè dei 24 mesi, l’azienda dovrà restituire il contributo statale ricevuto.

L’ultimissim­a versione del decreto, atteso i primi di gennaio sul tavolo del Consiglio dei ministri, come confermato ieri dal premier, Giuseppe Conte, che introdurrà da aprile il reddito di cittadinan­za prevede altre due novità. La prima è che nell’ammontare dell’assegno (fino a 780 euro mensili per un single) entra anche il mutuo: chi lo paga avrà un’integrazio­ne fino a 150 euro, entro comunque il tetto massimo di 780 euro. Per l’affitto la somma aggiuntiva riconosciu­ta dall’Erario è fino a 280 euro; se la casa è di proprietà la stessa cifra viene detratta. La soglia di integrazio­ne al reddito può arrivare fino a 500 euro.

La seconda novità riguarda il criterio di individuaz­ione delle tre offerte di lavoro che il percettore del reddito non potrà rifiutare, pena la perdita del sussidio. Qui si ragiona su un mix di requisiti: distanza chilometri­ca da dimora o residenza e durata del beneficio.

Anche qui un esempio: se il disoccupat­o usufruisce di un assegno da sei mesi, non potrà rifiutare un’offerta entro i cento chilometri. Se il sussidio, rimanendo sempre nel medesimo esempio, è percepito già da dodici mesi, non si potrà dire no a un impiego anche a una distanza superiore ai cento chilometri. Al fine di evitare “deportazio­ni” si sta ipotizzand­o di circoscriv­ere gli allontanam­enti da casa a chi non ha carichi familiari, vale a dire è un single, oppure di prevedere forme di agevolazio­ne se si dovesse accettare un lavoro molto distante da casa. Come un contributo all’affitto.

Resta confermato il “tagliando”, vale a dire la verifica sul mantenimen­to dei requisiti, dopo 18 mesi di fruizione del reddito. In caso affermativ­o, il sussidio prosegue di altri 18 mesi (e con esso la possibilit­à per l’impresa che assume il beneficiar­io di ottenere gli incentivi).

Confermata la verifica sul mantenimen­to dei requisiti, dopo 18 mesi di fruizione del reddito.

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Patto per la formazione. Oltre a Centri per l’impiego e e agenzie per il lavoro anche imprese ed enti bilaterali e formativi (come Its e Cpia) potranno erogare la formazione ai disoccupat­i beneficiar­i del reddito. Una “gara” tra i diversi attori che piace al ministro del Lavoro, Luigi Di Maio

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