In manovra +13 miliardi di entrate
Gli effetti nel triennio 2019-21. E pesa l’incognita della tassazione locale
Sfioreranno i 13 miliardi di euro in tre anni le maggiori entrate attese dalla prima legge di Bilancio targata dal governo M5s-Lega, e su cui oggi l’Assemblea della Camera dovrà votare l’ennesima fiducia. A fare i conti del maxi-aumento di tasse è stato l’ufficio studi del Consiglio nazionale dei commercialisti che stima, dal punto di vista della pressione fiscale, un saldo netto di 12,9 miliardi di maggiori entrate tributarie nel periodo 2019-2021. Importi sui quali, però, precisano i professionisti, pesa «l’incognita della tassazione locale» (si veda il servizio a pagina 5). Nel dettaglio è previsto che dalle santorie, giunte ormai a ben 10 differenti tipologie con l’aggiunta del “saldo e stralcio” per i contribuenti in difficoltà economica, affluiscano nelle casse dell’Erario 7,3 miliardi. Ci saranno anche gli effetti, inizialmente positivi per lo Stato, delle scelte di imprese e persone fisiche che volontariamente vorranno avvalersi di regimi opzionali di rivalutazione, o estromissione fiscale dei beni. Le vere e proprie tasse aggiuntive permetteranno, si legge nell’analisi dei commercialisti, di ricavare 12,4 miliardi. A saldare il conto banche e assicurazioni (5,6 miliardi), imprese (2,4 miliardi), i concessionari del gioco (2,1 miliardi), l’economia digitale (1,3 miliardi), i consumatori (0,6 miliardi) e gli enti del no-profit (0,4 miliardi).
A seguire, mettono nero su bianco i professionisti, 6,8 miliardi saranno le «note positive di riduzione del prelievo fiscale, concentrate essenzialmente sulle partite Iva individuali(-4,8 miliardi) e sul settore immobiliare, dell’edilizia e degli interventi sulla casa in generale (-1,8 miliardi), cui si aggiungono alcuni capitoli marginali (- 0,2 miliardi)».
Nel tradurre in numeri l’aumento della pressione fiscale già stimato dall’Ufficio parlamentare di bilancio (si veda Il Sole 24 Ore di ieri) l’ufficio studi dei commercialisti non ha conteggiato i tributi locali, posto che la Legge di Bilancio da un lato «non conferma il blocco in essere ormai da tre anni (20162018) degli aumenti delle aliquote Irap, Imu, Tasi ed addizionali regionali e comunali all’Irpef» e, dall’altro, si sottolinea, infine, nello studio, «consente espressamente aumenti fino al 50% dell’imposta comunale sulla pubblicità e sulle pubbliche affissioni».