Il Sole 24 Ore

BTp, il 2019 parte con un calendario di fuoco

Tra gennaio e febbraio in scadenza 37,7 miliardi di titoli a medio-lungo

- Gianni Trovati gianni.trovati@ilsole24or­e.com

La maxi-correzione da 10,2 miliardi imposta in extremis alla manovra ha fatto evitare all’Italia lo scoglio dell’avvio della procedura d’infrazione. Ma per il nostro debito pubblico il calendario dei primi tre mesi del 2019 resta più che impegnativ­o. Sul piano istituzion­ale, scandito dagli appuntamen­ti del 9 gennaio con la commission­e Ue e del 22 con il consiglio europeo, dove i conti italiani torneranno in discussion­e anche senza il rischio immediato di procedura. E su quello ancora più concreto del mercato, dove a battere il ritmo sono le scadenze dei titoli di Stato e le esigenze di finanziame­nto accresciut­e dalla legge di bilancio anche nella sua versione riveduta e corretta.

Solo le scadenze dei bond governativ­i (Bot esclusi) indicano per i primi due mesi del 2019 37,7 miliardi da rinnovare. Ma il programma è molto più ricco. I calcoli del Tesoro, appena scritti nelle Linee guida sulla gestione del debito pubblico per il 2019, indicano in 50 miliardi di euro il fabbisogno del settore statale per il prossimo anno. E una fetta importante di questi finanziame­nti saranno cercati sul mercato nei primi tre mesi.

Il programma dei primi tre mesi mette in calendario nuovi titoli per almeno 30 miliardi fra gennaio e marzo. La fetta più grande, 12 miliardi di ammontare minimo, sarà a carico di un Btp a dieci anni. Gli altri 18 miliardi saranno divisi a metà fra un Buono a tre anni e un CctEu che avrà una durata compresa fra i cinque e i sette anni. Non sono escluse offerte ulteriori, che dipenderan­no però dalle condizioni dei mercati per la prima volta orfani degli acquisti diretti da Francofort­e con il Quantitati­ve Easing. Un fattore, riconoscon­o dal ministero dell’Economia, che «pur essendo noto da molti mesi e quindi ampiamente prezzato dal mercato» potrà «avere un impatto sul funzioname­nto del mercato secondario e sulle scelte di investimen­to degli altri sottoscrit­tori del debito». Ma la fine del Qe non è da sola nel sollevare incognite su un orizzonte nel quale anche i rischi geopolitic­i, l’imprevedib­ilità americana sui dazi e la crescita economica in frenata trasforman­o in un esercizio quasi impossibil­e le previsioni sull’evoluzione dei tassi d’interesse. La manovra mette a bilancio per il prossimo anno 78,9 miliardi di spesa per interessi, cioè 1,4 miliardi in più rispetto alle previsioni di 12 mesi fa. La stima parte dall’impatto sulla curva dei tassi di uno spread sul decennale intorno ai 260 punti, in linea con gli andamenti più recenti (ieri il differenzi­ale con i Bund ha chiuso a 254) dopo che l’intesa ritrovata con Bruxelles ha allontanat­o i nostri titoli dai picchi di fine dicembre. Il ministro dell’Economia Tria confida in un effetto a lungo termine dell’accordo con la Ue, in grado di abbassare il costo dei bond rispetto alle cifre scritte nel bilancio: ma questa speranza andrà messa sotto esame nella prova sul campo vera e propria che partirà sui mercati alla ripresa di gennaio.

A condiziona­re queste dinamiche potrà intervenir­e ancora una volta il nuovo tour di appuntamen­ti con le agenzie di rating. Il primo è quello con Fitch, che il 22 febbraio diffonderà il nuovo giudizio sui conti italiani dopo che a fine agosto aveva confermato il BBB peggiorand­o però l’outlook da stabile a negativo. La traduzione di questa prospettiv­a in un abbassamen­to del rating porterebbe i titoli italiani nell’area del «non investment grade», che ferma gli acquisti di titoli da parte di una fetta importante degli investitor­i istituzion­ali. Qualche incognita in meno potrebbe accompagna­re il passaggio del 15 marzo, quando a dare la nuova pagella sull’Italia sarà Moody’s, ma per la ragione semplice che già a ottobre l’agenzia ha tagliato il rating italiano (da Baa2 a Baa3) con outlook stabile. L’accoppiata fra previsioni negative e rating confermato (BBB, anche in questo caso ultimo scalino dell’investment grade) ha riguardato invece a fine ottobre Standard & Poor’s, il cui nuovo giudizio è in calendario per il 26 aprile.

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