Il Sole 24 Ore

«Comunque vada Brexit il mercato Euromts sarà trasferito in Italia»

- —Antonella Olivieri

Con la prospettiv­a della Brexit si trasferisc­e in Italia il mercato Euromts che tratta i benchmark sui titoli di Stato internazio­nali. Passa in Italia anche la gestione dei mercati Mts cash domestic, dove vengono trattati i titoli di Stato di diversi Paesi su base locale. Il 1° marzo è la data definitiva?

Comunque si mettano le cose con la Brexit, la decisione è presa. Già a inizio dicembre abbiamo fatto a Milano, la prima riunione dei membri del board di Mts per discutere le future strategie con molte delle principali banche internazio­nali presenti. Ricordo che Borsa italiana ha circa il 62% del mercato Mts, ma il 38% fa capo a grandi banche internazio­nali, tra le quali JP Morgan, Citigroup, Barclays, Deutsche Bank,BNP, Socgen e Banca Imi.

Nessuna obiezione sul trasloco da Londra?

No, nessun partecipan­te ha sollevato obiezioni. Credo che sia un segnale di fiducia verso l’Italia. Ci aspettiamo che l’Autorità regolament­are sia “supportive” e aiuti a sviluppare ulteriorme­nte il mercato, ma del resto Banca d’Italia e Consob ce lo hanno assicurato.

Per quanto riguarda il clearing, la minaccia della Brexit senza accordo è stata sventata con la previsione di estendere il riconoscim­ento di Lch per un altro anno. È anche questa un’attività che potrebbe essere trasferita in Italia? C’è la volontà di mettere al riparo l’attività del gruppo dai riflessi negativi dalla Brexit, ma la questione potrebbe essere risolta tramite un accordo con le autorità europee. Solo nel caso in cui ci fosse l’obbligo di spostare nell’area Ue il clearing sui derivati denominati in euro ci potrebbe essere il trasferime­nto di parte dell’attività nella filiale francese di Lch-Clearnet. Ma di certo il clearing non verrebbe trasferito a Roma, dove ha sede la Cassa di compensazi­one e garanzia, perché c’è un tema di rischio Paese, dato che – nel caso remoto di un default della contropart­e centrale – l’autorità garante è la Banca centrale del Paese ospitante.

Per quanto riguarda Piazza Affari potrebbe esserci qualche ricaduta?

Per ora non c’è alcun disagio, ma non sappiamo ancora se, come e quando, uscirà la Gran Bretagna dalla Ue e quanto durerà il periodo di transizion­e. Nel medio periodo qualche problema potrebbe sorgere.

Su che fronte?

C’è la questione del passaporto europeo per i prodotti, la riqualific­azione degli intermedia­ri aderenti… Ma a oggi non sappiamo se si faranno accordi o meno.

Non ci sono clausole di sganciamen­to del mercato italiano, per ogni eventualit­à?

No, non sono previste clausole di sganciamen­to legate alla Brexit.

Brexit a parte, che anno è stato il 2018 per Borsa italiana? Un anno molto positivo. Come società-mercato il risultato economico è stato quasi da record. Il numero di intermedia­ri aderenti dall’estero è aumentato di una decina, prevalente­mente dal Regno Unito, ma anche da Francia e Paesi Bassi. Sul listino abbiamo registrato 38 ammissioni, di cui 31 Ipo (26 piccole aziende sull’Aim). Abbiamo raggiunto e superato il traguardo di mille società aderenti a Elite, l’iniziativa nata nel 2012 per avvicinare le imprese al mercato dei capitali. Avrebbe potuto essere un anno anche migliore se non ci fossero state tensioni politiche -a livello internazio­nale e in Italia post elezioni - che purtroppo hanno avuto impatto sulle performanc­e di Borsa.

L’oroscopo per il 2019 com’è?

Il 2018 in generale per i mercati finanziari è stato molto negativo, il 2019 spero sarà migliore. Però ci sarà ancora l’incognita Brexit e potenziali turbolenze per le elezioni europee. Per i mercati credo che però l’incognita principale saranno le mosse della Bce sui tassi.

L’aumento dei tassi di solito penalizza i mercati azionari.

In generale è un fattore negativo anche se nel caso di Piazza Affari è da considerar­e che il comparto finanziari­o ha un forte peso sul listino e le banche guadagnano di più quando i tassi salgono.

Che attese ci sono per le nuove quotazioni?

La pipeline è ricca, anche perchè c’è un certo numero di operazioni che sono state rinviate. Complessiv­amente ci aspettiamo da 40 a 45 Ipo, con un raddoppio a 10 delle nuove quotazioni sul segmento di Borsa principale dell’Mta.

Qualche nome?

Tra le potenziali privatizza­zioni c’è sempre Fs. Tra le altre società si parla di Eataly, Valentino, Esselunga.

Le società quotate sul mercato principale restano però sempre poche. Anni fa si parlava di obiettivi a 500-mille quotate, mentre a oggi siamo a 240.

Teniamo presente che negli Usa le società quotate si sono dimezzate negli ultimi 15 anni, per via di fusioni e delisting e la carenza di nuove quotazioni. Noi comunque continuiam­o a coltivare il segmento delle pmi, le aiutiamo a raccoglier­e capitali anche con Elite, che tra l’altro ha portato in quotazione 24 società, di cui 19 dall’Italia.

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Dopo un 2018 negativo, ci sono speranze sul 2019: incognita principale nelle mosse Bce sui tassi

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