Non profit, utili essenziali Solo il lucro è escluso
I regimi fiscali degli enti non profit tornano alla ribalta dopo la decisione del Governo di abrogare la “mini Ires” a favore degli enti che svolgono attività di assistenza, beneficenza, sanitaria e socio sanitaria. Probabilmente dopo la legge di bilancio la misura che permette agli enti non profit di beneficiare dell’aliquota Ires ridotta al 12% verrà ripristinata, ma in questi giorni è emersa una certa confusione anche terminologica in merito al ruolo del non profit, e soprattutto alla differenza tra utili e lucro.
Iniziamo con una certezza: gli enti non profit sono realtà che non perseguono finalità di lucro. In altre parole gli utili, quando prodotti, devono essere reinvestiti in attività di interesse generale. L’assenza di lucro, dunque, non significa anche assenza di utili. Non esiste alcun impedimento a che un ente non profit produca utili e da sempre è ammessa la possibilità per queste realtà di svolgere, entro certi limiti, attività dietro versamento di corrispettivi. Se gli utili sono reinvestiti nelle finalità di interesse generale non si genera profitto (tassabile) e, del resto, fare utili è indispensabile per queste realtà, proprio per sovvenzionare le attività benefiche che svolgono.
A oggi una Onlus può avere un margine di guadagno sia dalle attività istituzionali, sia da quelle connesse, sia pure nel rispetto dei limiti previsti dal decreto legislativo 460/1990 (i proventi delle attività connesse non devono superare il 66% delle spese complessive dell’ente). Allo stesso modo, una organizzazione di volontariato (Odv) può svolgere attività commerciali marginali, se finalizzate a realizzare obiettivi istituzionali e svolte senza impiego di mezzi professionali. Anche con la riforma resta la tassazione agevolata degli utili, ma con regole omogenee per tutti gli enti al fine di rendere coerente il trattamento fiscale e i limiti previsti per lo svolgimento di attività diverse svolte per finanziare l’ente. Un primo risultato è l’abrogazione di una molteplicità di disposizioni fiscali di vantaggio che dal dopoguerra ad oggi hanno favorito comportamenti che col terzo settore hanno poco a che fare.
Glientinonprofitpotrannosvolgereattivitàcommerciali dietro pagamento di corrispettivi versando imposte in misura agevolata solo entro certi limiti. Per Odv e associazioni di promozione sociale scatterà un regime analogo alla flat tax introdotta con legge di bilancio, ma nei limiti di 130mila euro. Mentre per le realtà più organizzate si potrà accedere al regime più favorevole dell’impresa sociale in cambio di maggiore trasparenza e di regole civilistiche stringenti.