A Torino ex spazi industriali rivivono come ristoranti con menù stellati e cura per il design
Grazie alle ampie metrature e alla passione di ristoratori di generazioni diverse, sono nati locali con menù che attraggono residenti e turisti - Capofila è stato Eataly nel 2007, al Lingotto, poi seguito da molti altri
Capofila è stato il locale aperto al Lingotto insieme a Eataly, poi nuove generazioni di chef hanno investito su location insolite in grado di attrarre residenti e turisti
Un tempo fabbriche in disuso, trasformate per accogliere l’arte, l’innovazione, le eccellenze del made in Italy, con la ristorazione che diventa protagonista. Spazi “riscattati”, rimessi a nuovo e valorizzati per diventare altro. Senza mai dimenticare il senso della fucina nelle strutture architettoniche, nell’ispirazione degli arredi, nella capacità di creare qualcosa di nuovo, che prima non c’era, a partire dalla materia prima. Non è questo che fa uno chef in cucina?
«Siamo la quarta generazione di una famiglia di ristoratori», racconta Claudio Vicina che insieme ad Anna Mastroianni, sua moglie, il fratello Stefano, le figlie Silvia e Laura gestisce dal 2007 il ristorante Casa Vicina, all’interno di Eataly Lingotto. Quello del Lingotto è il primo store aperto da Oscar Farinetti, realizzato nella vecchia fabbrica di vermouth della Carpano, nel quartiere Lingotto. Casa Vicina è al piano -1. «La memoria del gusto è il nostro filo rosso, ho avuto la fortuna di lavorare anche con mia nonna, oltre che con mia mamma – ricorda Claudio- tramandiamo questa memoria e il cliente se ne accorge, grazie ai nostri piatti ricorda l’infanzia, per noi significa passione e tradizione, insomma famiglia». Lo chef e la brigata di cucina continuano a sperimentare e a ricercare, lo fanno anche grazie al patrimonio di produttori piemontesi e alla voglia di scoprire le eccellenze del territorio più ricercate. Ad esempio le mele antiche del Piemonte – un patrimonio materialmente custodito nel Conservatorio della biodiversità della Scuola Malva di Bibiana, in provincia di Torino – che ha ispirato uno dei menu a tema di casa Vicina, legato al progetto “Terra Vicina: racconti di gusto con i produttori”, in collaborazione con la Piazza dei Produttori a Eataly Lingotto: le mele “Carla” con il crudo di Parma e il canestrello salato, la terrina di pollo con le mele “Gamba fina”, il ragù d’agnello con le “Runsè” fino alla Grigia di Torriana ad accompagnare il filetto di coniglio. Per loro la Stella Michelin è arrivata la prima volta nel 2002.
Invece per Alessandro Mecca, chef di Spazio 7, il riconoscimento è dello scorso novembre. In questo caso la storia è quella di un’area industriale, la ex Fergat, in uno dei quartieri più popolosi di Torino, San Paolo. Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, nel 2002, sceglie quello spazio per costruire la casa della Fondazione Sandretto. Mostre, artisti emergenti, tra i centri più importanti dedicati all’arte contemporanea. Il progetto è dell’architetto Claudio Silvestrin che usa la pietra di Lecce, il cemento e il legno di cedro per la struttura, realizzata con la forma di un capannone industriale: un solo piano che si estende per 130 metri, alto nove metri. Nella Fondazione, anche un ristorante, Spazio, dato in gestione per un decennio. Finché arriva l’intuizione, nel 2015, del giovane Emilio Re Rebaudengo: il ristorante diventa Spazio7, di lì a poco arriva lo chef Alessandro Mecca e inizia il viaggio che ha portato la “squadra” a ottenere la prima Stella Michelin quest’anno. «È un progetto in divenire», racconta Emilio Re Rebaudengo. A cominciare dalle commistioni tra il ristorante e la caffetteria, una chicca disegnata da Rudolf Stingel, dove da settembre si fa il brunch, easy e accurato. L’idea, nuova, è di portare la ricercatezza dei piatti di Spazio7 anche in centro, a Torino, con la formula “take away” modulata su una selezione di prodotti mentre l’anno prossimo Spazio7 aprirà anche a Madrid.
Ha scommesso sullo chef Federico Zanasi Lavazza quando ha aperto, neanche sei mesi fa, il ristorante Condividere, nel nuovo centro direzionale del gruppo, la Nuvola Lavazza, realizzato dove prima c’era l’ex centrale elettrica Enel del quartiere Aurora di Torino. Il concept del ristorante è di Ferran Adrià, la scenografia è firmata dal premio oscar Dante Ferretti, la formula a tavola è conviviale e informale, con Spagna e Piemonte a rincorrersi nei piatti creati dallo chef, senza lasciare indietro la tigella modenese che qui diventa una brioche. È una creatura giovane anche Snodo, neanche due anni di vita: si tratta del ristorante realizzato nel cuore delle ex Officine Grandi Riparazioni, a metà tra le due maniche dell’edificio, un progetto visionario portato avanti da Fondazione Crt. Oltre 2mila metri quadri tra il grande tavolo sociale e la zona riservata al ristorante, realizzato dentro la fabbrica più grande dell’inizio del Novecento a Torino, parte del progetto di valorizzazione di un patrimonio architettonico di ferro e cemento, sotto la direzione di Luca Petrone della Building Engeneering.
La voglia di recuperare uno spazio industriale abbandonato ha guidato anche il progetto Edit, che ha festeggiato il suo primo anno di vita: 2.400 metri quadri tra pianterreno e primo piano realizzati dove prima c’era la Incet, Industria nazionale cavi elettrici Torino. Siamo nella zona nord della città, Barriera di Milano. Edit nasce da un’idea precisa: mettere insieme sharing economy e ristorazione, in un mix che resta abbastanza unico: spazi in condivisione per la produzione di birra artigianale, cucine professionali da utilizzare “a tempo”, un’area che prevede un’offerta più informale, ma di qualità, al piano inferiore dove si trovano la Bakery Cafè, la Brewery e il Pub, ed una proposta più ricercata al piano superiore con il Cocktail Bar, il Restaurant e le Kitchens.
Al centro di una trasformazione urbana in nome del cibo di qualità è anche una zona molto particolare di Torino, il Mercato di Porta Palazzo e in particolare il Palafuksas, in disuso da anni. L’operazione commerciale è di
Mercato centrale, sotto la guida di Umberto Montano. Paola Virano, dirigente del Comune di Torino, la racconta così: «Porta Palazzo è uno dei luoghi più affascinanti della città, punto di incontro delle culture e delle migrazioni che attraversano Torino da decenni, ma con una forte “torinesità”: il mercato dei contadini è un appuntamento tradizionale per moltissimo torinesi ancora oggi». La sfida è entrare nel cuore della piazza e rimettere in moto un’area quasi abbandonata, a cominciare dalle vecchie ghiacciaie, usate nel Novecento per tenere al fresco gli alimenti. L’idea è quella di un mercato cittadino, che valorizzi gli artigiani locali, un po’ street food e un po’ cibi ricercati a chilometro zero. Mercato centrale nasce da un’idea di Umberto Montano insieme al gruppo Human Company della famiglia Cardini Vannucchi, un format che ha debuttato a Firenze e a Roma. Ora tocca a Torino, con il recupero del Palafuksas, nato ai tempi delle Olimpiadi invernali del 2006 e mai decollato davvero. Da qui la chiusura, l’abbandono e l’arrivo di un commissario per tentare di salvare il salvabile. Serviva un’idea e un privato che ci investisse. Oggi il Palafukasas è un cantiere, l’apertura è prevista a marzo.