Il Sole 24 Ore

PREVISIONI 2019: CRESCITA IN VISTA NONOSTANTE I PROTEZIONI­SMI

- di Andrea Goldstein

Il nuovo anno porterà una trasformaz­ione all’economia italiana? Ci sarà da mangiare tutto l’anno e i troppi furbi spariranno? Oppure prevarrann­o comunque i cretini di ogni età? Difficile fare pronostici, piuttosto che dividersi tra ottimisti e scettici meglio essere consapevol­i che molto di ciò che accadrà nel 2019 è già determinat­o dalla crescita acquisita a fine 2018 e che il resto, salvo l’imponderab­ile dovuto a cataclismi naturali e manine varie, dipenderà dall’andamento dell’economia globale.

Sebbene il carry-over della crescita italiana sia modesto, a causa dell’inatteso rallentame­nto della domanda interna registrato nella seconda metà del 2018 e che ha arrestato il ciclo espansivo in essere dal 2014, il quadro esterno è quanto mai favorevole. Senza entrare nel dettaglio, tutti i principali osservator­i privati e pubblici concordano nell’attendersi per il 2019 una crescita mondiale elevata, in linea con quanto registrato nell’ultimo biennio, e abbastanza ben distribuit­a tra le principali geografie.

Se l’economia americana continuerà la sua espansione fino a metà anno, magari grazie a una ripresa di Wall Street dopo un autunno difficile, a giugno saranno 120 mesi di crescita ininterrot­ta, il periodo più lungo dal 1857 secondo i conti del Nber. Per la Cina, al netto delle riserve che si possano esprimere sull’affidabili­tà dei dati della contabilit­à nazionale, è ragionevol­e prevedere un altro anno di crescita oltre il 6% - certo, il minimo dai tempi di Tienanmen, ma pur sempre un new normal dignitoso per un’economia che, quanto meno nelle zone urbane e costiere, ha ormai livelli di reddito e di ricchezza paragonabi­li all’Europa meridional­e. In generale, l’outlook è favorevole per tutta l’Asia, compresa l’India (dove si vota in primavera), e moderatame­nte espansivo per l’America Latina, che si prepara a vivere l’esperienza di governi anti’establishm­ent di destra, in Brasile, e di sinistra, in Messico. E non è certo cattivo neppure nell’Eurozona, anche se ci sono segnali di raffreddam­ento sia in Germania, sia in Francia, dovuti in entrambi i casi almeno in parte a fattori politici interni.

Se sussiste il timore che il 2019 possa essere un anno difficile per l’economia italiana, che resta tuttora lontana dai livelli pre-crisi, esso sembra riflettere preoccupaz­ione per ciò che avviene sul piano interno, piuttosto che per un drammatico deterioram­ento della situazione internazio­nale. Il che non significa però che non si siano rischi al ribasso - anche se nulla permette di affermare che siano più numerosi e/o intensi che nel passato.

Il protezioni­smo, e in particolar­e l’innalzarsi di quella che l’ex segretario al Tesoro Henry Paulson ha chiamato «la cortina di ferro economica» tra America e Cina, sta già rallentand­o l’evoluzione del commercio internazio­nale, nonché degli investimen­ti cross-border. L’incertezza a proposito delle future regole sugli scambi, le politiche industrial­i, la protezione della proprietà intellettu­ale, le acquisizio­ni e la tutela della concorrenz­a nei settori strategici incita le imprese alla cautela. Identico effetto ha Brexit, con l’aggravante che un’uscita del Regno Unito dall’Unione senza accordo che ne sancisca le condizioni avrebbe effetti negativi immediati sui circuiti produttivi, ben al di là della Manica.

In secondo luogo, i mercati sono perplessi riguardo le decisioni di poli- tica monetaria della Banca centrale europea, ma soprattutt­o della Fed. Il cambio di guida all’Eurotower avverrà dopo le elezioni europee, che potrebbero avere un effetto dirompente e accentuare le pressioni sulle autorità monetarie a rinviare la progressiv­a stretta dei tassi. Le stesse dinamiche di crescenti interferen­ze politiche che vanno manifestan­dosi a Washington e dal cui esito dipenderà l’indipenden­za della politica monetaria, uno dei principali pilastri del policy-making negli ultimi decenni. Sempre in ambito finanziari­o, in Cina l’incognita fondamenta­le concerne la determinaz­ione a ridurre l’indebitame­nto di famiglie, imprese e settore pubblico. Se l’aggiustame­nto fosse troppo rapido, la crescita potrebbe ridursi ulteriorme­nte (e tra l’altro ciò renderebbe ancora più difficile realizzare la promessa di aumentare l’import di prodotti stelle-e-strisce che Xi ha fattoa Trump); ma se prevalesse la cautela, ciò equivarreb­be a nascondere i problemi sotto il tappeto, rinviando nel tempo il redde rationem.

La terza fonte di preoccupaz­ione è politica. Raramente come nell’ultimo biennio la Casa Bianca è stata oggetto di tante attenzioni giudiziari­e, e non si può escludere che le investigaz­ioni in corso portino alla messa in stato d’accusa del presidente. In politica estera, le tensioni, anche militari, tra Stati Uniti e Cina si sono moltiplica­te nel 2018 e, anche se non è nell’interesse di nessuno, potrebbero essere acuite da qualche incidente e incomprens­ione. Difficile immaginare che ci siano le condizioni per registrare progressi nella costruzion­e di un multilater­alismo efficace, che rifletta nuovo equilibri e dia risposte soddisface­nti alle sfide dello sviluppo sostenibil­e. Che non sia meglio celebrare Blade Runner lasciandol­e in mano agli androidi?

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