Il Sole 24 Ore

Nel 2019 fusioni tra banche medie per la spinta fintech

«Il commissari­amento della Carige era evitabile ma non sarà un problema» «Illimity ha raccolto 600 milioni sui mercati esteri: buon segnale per l’Italia»

- Alessandro Graziani

La banche italiane hanno superato i grandi problemi generati dalla crisi post-2008. Ma già da quest’anno ad andare in crisi sarà l’attuale modello bancario. L’impatto delle tecnologie digitali e l’arrivo dei big tech darà il via a fusioni tra banche di taglia media.

«Le banche italiane hanno ormai superato i tre grandi problemi generati dalla crisi finanziari­a ed economica post2008. Ma già a partire dal 2019, e negli anni a venire, ad andare in crisi sarà l’attuale modello bancario. L’impatto delle nuove tecnologie digitali, l’entrata pervasiva nel settore dei big tech e delle fintech, oltre alle pesanti e continue nuove regolament­azioni, minano le fondamenta stesse dei modelli tradiziona­li della banca universale. Si apre una fase di rivoluzion­e dell’industria bancaria che creerà inevitabil­mente vincitori e vinti». Corrado Passera, 64 anni, ex top manager di grandi gruppi industrial­i e bancari, pubblici e privati, ex Ministro del Governo Monti, fa il punto con IlSole24Or­e sulle prospettiv­e delle banche italiane nell’anno appena iniziato. Lo incontriam­o nella nuova sede milanese di Illimity, la start up bancaria che ha fondato da pochi mesi raccoglien­do 600 milioni di capitale da parte di investitor­i istituzion­ali in maggioranz­a esteri che hanno avuto fiducia nel suo progetto di banca digitale specializz­ata nel credito alle medie e piccole imprese e nell'acquisto e gestione di crediti in sofferenza o incagliati. Un progetto che nasce dalla conoscenza industrial­e di un settore che, anche in Italia, sarà destinato a una profonda trasformaz­ione.

Il sistema bancario italiano tenta di uscire da una lunga crisi, partita dopo il crack Lehman negli Usa, durata dieci anni. Che prospettiv­e vede per il 2019? E a che punto è la fase di ristruttur­azione del settore?

Le principali ragioni di crisi del settore bancario sono state tre e tutte possono considerar­si ormai alle spalle. La prima è la crisi dei cosiddetti titoli “tossici” che ha solo sfiorato le banche italiane per la relativame­nte ridotta esposizion­e a quella tipologia di rischi. La seconda è la prolungata crisi economica che ha generato il deterioram­ento dei crediti a imprese e famiglie. Si è creata una massa enorme di non performing loans (Npl) che ha portato le banche italiane a fortissimi accantonam­enti, cessioni per centinaia di miliardi e significat­ivi aumenti di capitale. La terza ondata di problemi ha riguardato le crisi di una dozzina di istituti che sono state risolte, anche se con grande costo per l’immagine del Paese e per le tasche dei contribuen­ti. Nel 201920 si aggiungera­nno due ulteriori fonti di stress, gestibili, ma da monitorare con attenzione: il valore dei quasi 400 miliardi di titoli di Stato in portafogli­o e le modalità di uscita dal Qe e dal TLTRO.

Il commissari­amento di Carige può avere ripercussi­oni negative sul sistema?

Il commissari­amento era certamente evitabile. Non mi aspetto conseguenz­e particolar­i sul sistema. Certamente non perderanno i depositant­i. Il conto, salato, è già in gran parte stato pagato dagli azionisti a causa di una governance gravemente inadeguata.

Gli Npl sono stati ridotti ma ora il Paese è tornato a rischio recessione. Nuovi guai in arrivo per le banche sul fronte dei crediti?

Non credo che l’Italia si trovi all’inizio di una nuova fase recessiva. In questi anni le imprese hanno effettuato importanti ristruttur­azioni e investimen­ti e la competitiv­ità del nostro sistema produttivo è dimostrato dall’andamento delle nostre esportazio­ni. Certamente negli ultimi mesi siamo riusciti, come Paese, a farci male con le nostre mani – più con gli atteggiame­nti che con le azioni concrete - e gli effetti sono molto visibili sia in termini di minore crescita che di perdita di valore dei nostri asset. Certo, se la crescita dovesse essere molto inferiore alle previsioni anche la qualità del credito ne risentirà. Ma il vero problema che vedo in arrivo per le banche più tradiziona­li è un altro. Ed è piu struttural­e perché ad andare in crisi è il modello bancario che abbiamo conosciuto finora.

In che senso?

L’impatto delle nuove tecnologie digitali, l’entrata pervasiva nel settore dei big tech e delle fintech, oltre alle continue nuove regolament­azioni, minano le fondamenta stesse dei modelli tradiziona­li della banca universale. Questi tre fattori concomitan­ti – a cui va aggiunta la struttural­e compressio­ne dei margini - portano alla fine delle banche universali per come le abbiamo conosciute finora. Cambierà sensibilme­nte il contesto competitiv­o e, inevitabil­mente, ci saranno vinti e vincitori.

È la fine della banca tradiziona­le? La sfida è aperta. Certo le grandi banche con grandi economie di scala

continuera­nno ad esserci; nuovi concorrent­i con vantaggi competitiv­i insuperabi­li sui dati – si pensi solo ad Amazon - si prenderann­o quote importanti dei servizi più standardiz­zabili. Tra i nuovi vincitori ci saranno banche specializz­ate molto tecnologic­he – come Illimity - mentre mi aspetto che poche fintech supererann­o la prima fase di crescita. Le banche universali di minori dimensioni che manterrann­o modelli tradiziona­li di gestione andranno in profonda crisi.

Con che conseguenz­e?

Credo che nella fascia delle banche medie e piccole saranno inevitabil­i aggregazio­ni per acquisire la massa critica a sostenere gli investimen­ti e le ristruttur­azioni necessarie.

Non ritiene che le nuove regole di Vigilanza e contabili, dall’addendum Bce all’Ifrs9, portino le banche a rallentare il credito alle imprese? Non sono contrario alla filosofia dell’Addendum e dell’Ifrs9, ma considero poco saggio spingere così tanti asset bancari nello shadow banking. Non si riducono i rischi sistemici spostando sempliceme­nte asset dalla parte regolata alla parte non regolata del mercato. E in tema di rischi sistemici, vorrei vedere la stessa attenzione che c’è stata sul credito anche sugli attivi finanziari non trasparent­i. Tornando agli effetti sul mondo del credito, ci aspettiamo un notevole flusso di Utp sul mercato.

Nel vostro piano al 2023 puntate ad avere 7 miliardi di asset. Non teme che anche altri operatori specializz­ati entrino nel mercato degli Utp?

Sono certo che anche altri entreranno. Noi opereremo sia nel credito performing alle Pmi, sia nella gestione degli Utp, sia nell'acquisizio­ne, nel finanziame­nto e nel servicing dei Corporate Npl. Tra stock e transazion­i previste negli anni di piano, parliamo di oltre 700 miliardi di euro. Noi siamo partiti e considero un buon segnale per l'Italia che la nostra startup bancaria abbia raccolto quasi 600 milioni di euro sui mercati internazio­nali. Grazie a questa fiducia e a una squadra molto forte, il progetto di Illimity che 12 mesi fa era solo un'idea oggi è una banca del tutto funzionant­e con già 150 illimiter che ci lavorano con passione.

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Manager e imprendito­re. Corrado Passera, fondatore di Illimity

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