Il Sole 24 Ore

DIRITTO D’AUTORE TRA PROTEZIONE E POSSIBILIT­À DI ADEGUAMENT­O

- di Zia Qureshi Zia Qureshi, ex-direttore dello sviluppo economico della Banca Mondiale, è senior fellow presso la Brookings Institutio­n (Traduzione di Francesca Novajra)

« Le leggi vigenti sul diritto d'autore e sui brevetti sembrano più un mono

intellettu­ale che una proprietà» hanno scritto Brink Lindseye Steven Tele snell oro recente libro sull’economia americana (The Captured Eco nomy: How the Power fu lEnrich Thems el v es, Slow Down Growth, and Inc rea se I ne quality). I timori che un’ i per protezione della proprietà intellettu­ale ostacoli l’innovazion­e e la sua diffusione ci sono sempre stati, ma hanno acquisito un maggior rilievo ora chela conoscenza è emersa come dell’ attività economica e del vantaggio competitiv­o.

Le tecnologie digitali hanno permesso la nascita di un ’“economia intangibil­e” basata su softass et comelinee di codice( S LO C ), più che su beni fisici come edifici o macchinari. In questo contesto, le norme che regolano la proprietà intellettu­ale saranno decisive per i nuovi modelli commercial­i e per ridefinire le società perché stabilisco­no una ripartizio­ne degli utili.

L’ossatura principale dell’attuale regime di proprietà intellettu­ale era stata pensata per un’economia molto diversa. Le norme brevettual­i, per esempio, rispecchia­vano la vecchia mentalità per cui una protezione forte era un incentivo essenziale per spronare l’ innovazion­e commercial­e. In realtà, i recenti studi di P etra Moser eH e idi Williams hanno dimostrato il contrario. Garantendo i vantaggi delle imprese tradiziona­li e facendo salire i costi delle nuove tecnologie, quelle protezioni vengono associate a un numero minor di innovazion­i, nuove o derivate, a una minore diffusione e a una maggiore concentraz­ione del mercato. Questo ha contribuit­o a un maggior potere monopolist­ico, a un rallentame­nto nella crescita della produttivi­tà e a una crescente disuguagli­anza in molte economie negli ultimi vent’anni.

I brevetti favoriscon­o inoltre pressioni e ricerche di rendita. La maggior parte dei brevetti non viene sfruttata per produrre un valore commercial­e, ma per creare gineprai legali difensivi contro potenziali concorrent­i. E più il sistema si espande, più aumentano i “patent troll” (ovvero l’acquisizio­ne di brevetti per sfruttarli a fini meramente speculativ­i, senza svilupparl­i o utilizzarl­i) e le controvers­ie. Le azioni legali contro i patent troll rappresent­ano più di tre quinti delle azioni per violazione di proprietà intellettu­ale negli Usa, con un costo di circa 500 miliardi di dollari fra il 1990 e il 2010. C’è chi vorrebbe smantellar­e il sistema di protezione dei brevetti, ma sarebbe una misura troppo radicale. Quella che servirebbe veramente è una riforma generale che cerchi di modificare le protezioni troppo ampie o troppo rigide, di adattare le norme alla realtà attuale e permettere che la concorrenz­a sproni l’innovazion­e e la diffusione della tecnologia.

Le riforme dovrebbero migliorare i meccanismi istituzion­ali garantendo per esempio che il sistema giudiziari­o non penda troppo a favore dei detentori dei brevetti. E poi andrebbero rivisti i brevetti stessi, abbreviand­one la durata, introducen­do clausole di perdita in caso di non utilizzo, e istituendo criteri più rigidi che limitino i brevetti a invenzioni veramente significat­ive.

La chiave vincente potrebbe essere cambiare l’approccio “unico” del regime vigente con un approccio differenzi­ato più consono all’economia di oggi. I brevetti hanno termini ventennali (il diritto d’autore di settant’anni e più in alcuni paesi, si veda l’ articolo sotto ). Ma se un termine relativame­nte lungo può essere adeguato perle innovazion­i farmaceuti­cheche implicano sperimenta­zioni costose e protratte nel tempo, per gran parte delle altre industrie è diverso. Nelle tecnologie digitali e nei software, per esempio, i nuovi progressi hanno periodi di gestazione molto più brevi e basati su innovazion­i precedenti in modo graduale, il che vuol dire che sarebbero auspicabil­i termini minori.

Naturalmen­te, se i legislator­i decidesser­o di adattare i brevetti ai diversi tipi di innovazion­e, dovrebbero fare attenzione a non complicare troppo i regimidi protezione brevettual­e. Trovare la giusta combinazio­ne di riforme richiedere­bbe inevitabil­mente una fase di sperimenta­zione, oltre a un attento monitoragg­io dei risultati, in modo da apportare i dovuti aggiustame­nti. Ma delineare le giuste riforme è solo una parte della sfida: i potenti interessi costituiti­ne renderanno ardua l’ attuazione a livello politico. Per fortuna, il bisognodi rivedere il sistema non è mai stato così forte. Sei difensori del sistema vogliono perseguire l’ innovazion­e, dovrebbero essere aperti ad accoglierl­a.

I brevetti, tuttavia, non sono l’unico elemento importante dell’ecosistema dell’innovazion­e. Lo Stato promuove l’ innovazion­e anche attraverso il finanziame­nto diretto alla Ricerca e allo Sviluppo egli incentivi fiscali. E anche qui c’è bisogno di un intervento. La spesa pubblica in ricerca e sviluppo è finalizzat­a al bene pubblico della ricerca che produce diffusione della conoscenza sull’economia in generale. Ciononosta­nte, la spesa per la Ricerca e lo Sviluppo negli Usa che all’inizio degli anni Ottanta era 1,2% del P il, negli ultimi anni si è dimezzata. Questo mette ancora più in evidenza il bisogno di rilanciare i programmi di ricerca pubblica e garantire un largo accesso alle scoperte fatte.

Gli incentivi per la Ricerca e lo Sviluppo per il settore privato, sotto forma di sgravi fiscali, sovvenzion­i o premi, devono essere resi equamente accessibil­i alle imprese. La riforma della legislazio­ne sui brevetti potrebbe integrare quelle riforme, per esempio proibendo i brevetti di ricerche sovvenzion­ate dallo Stato che dovrebbero essere accessibil­i a tutti gli attori del mercato. Molte innovazion­i rivoluzion­arie elaborate commercial­mente da aziende private sono frutto della ricerca pubblica. F ragli esempi recenti, c’ è l’ algoritmo di ricerca di Google, le principali specifiche degli iPhone e anche Internet. Lo Stato dovrebbe pensare al modo di coinvolger­e i propri contribuen­ti nei risultati positivi di questa ricerca, anche per rimpolpare i budget a disposizio­ne perla Ricerca e allo Sviluppo. E il sistema fiscale ha un ruolo importante in questo senso. In un’ economia sempre più ad alta intensità di conoscenza, la politica dovrebbe cercare di rendere l’ innovazion­e più democratic­a per incoraggia­re la creazione e la diffusione delle nuove idee e promuovere una sana concorrenz­a. E ciò significa riorganizz­are un sistema della proprietà intellettu­ale che si sta muovendo nella direzione opposta.

SMANTELLAR­E IL SISTEMA DI PROTEZIONE È DANNOSO MA UNA RIFORMA FORSE SAREBBE UTILE

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy