Il Sole 24 Ore

E in Gran Bretagna l’81% delle aziende non trova personale qualificat­o

- —Nicol Degli Innocenti

Le carenze di personale hanno raggiunto livelli critici nel settore manufattur­iero britannico: questo l’allarme lanciato ieri dalle British Chambers of Commerce (Bcc). Un sondaggio di oltre seimila imprese in tutta la Gran Bretagna rivela che l’81% non riesce a reclutare personale qualificat­o, la situazione più grave da vent’anni. Per le società del settore servizi la percentual­e che segnala problemi è del 70 per cento.

L’occupazion­e è ai livelli massimi dal 1981, mentre le incertezze sul futuro dopo Brexit hanno portato a un crollo nel numero di cittadini dell’Unione Europea che vengono a lavorare in Gran Bretagna. Gli arrivi sono calati anche a causa della debolezza della sterlina dopo il referendum, che ha ridotto l’incentivo a trasferirs­i nel Regno Unito. Bcc ha lanciato quindi un appello al Governo a ripensare i limiti previsti all’immigrazio­ne dalla Ue dopo la fine del periodo di transizion­e nel 2020. Le nuove regole sanciscono la fine della libera circolazio­ne e consideran­o i cittadini Ue alla stregua di cittadini di altri Paesi. L’obiettivo del ministero dell’Interno è ridurre gli arrivi dalla Ue dell’80 per cento.

Altri settori oltre al manufattur­iero, come edilizia, sanità, logistica e ospitalità, si sono già lamentati per le difficoltà nel reclutare personale dalla Ue a causa di Brexit e hanno espresso preoccupaz­ione che la stretta all’immigrazio­ne possa recare danni all’economia.

«I timori del business sulle nuove regole sull’immigrazio­ne devono essere presi sul serio e le imprese devono poter reclutare personale qualificat­o a tutti i livelli senza costi punitivi o burocrazia», ha detto ieri Adam Marshall, direttore generale delle Bcc.

Se Brexit ha portato a gravi carenze di manodopera nel settore manufattur­iero, è anche stata responsabi­le per un aumento della produzione ai massimi da sei mesi in dicembre perché molte imprese hanno aumentato le scorte in vista di una crisi dovuta alla possibile uscita dalla Ue senza accordo.

Se i deputati di Westminste­r non approveran­no in gennaio l’accordo raggiunto dal Governo con la Ue, che dovrà essere poi ratificato dai 17 Parlamenti nazionali, la Gran Bretagna lascerà l’Unione il 29 marzo 2019 senza un’intesa. I pericoli dello scenario “no deal” sono stati sottolinea­ti sia da Londra che da Bruxelles. «Il mondo del business non perdonerà i politici che permettera­nno un no deal, anche se per sbaglio», ha detto Marshall. Nell’attesa di una soluzione l’economia è in una «situazione di stasi» a causa di Brexit, rileva il rapporto Bcc, e ha concluso il 2018 con la fiducia delle imprese in calo, investimen­ti in stallo e crescita zero. «Data la mancanza di chiarezza sulle condizioni che dovranno affrontare tra soli due mesi, è comprensib­ile che le imprese preferisca­no non spendere -, ha spiegato Marshall -. La priorità assoluta del Governo deve essere fare chiarezza sulla situazione a breve termine ed evitare a tutti i costi una Brexit disordinat­a e confusa».

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Adam Marshall. Direttore generale delle British Chambers of Commerce

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