Il Sole 24 Ore

Le Authority fuori dal giusto processo

La Corte ribadisce i limiti del procedimen­to: «Non sono organi di giustizia»

- Alessandro Galimberti

Le authority sono «organi giustizial­i» - e non invece «organi di giustizia in senso proprio» - che non rispondono alle regole del giusto processo, prevedono un contraddit­torio incapsulat­o nelle forma scritta, e dentro cui il diritto di difesa si limita alla possibilit­à di controdedu­rre.

La Seconda sezione civile della Cassazione (sentenza 4/19, depositata ieri) torna ancora una volta a delimitare il campo delle sanzioni amministra­tive - in questo caso Consob - per tamponare l’effetto “Grande Stevens” sui procedimen­ti afflittivi non penali. Il caso riguarda l’ex amministra­tore delegato e vicepresid­ente di Adenium Sgr, a cui la Commission­e di Borsa aveva inflitto 65.500 euro di sanzione pecuniaria per aver esposto la società a «rischi strategici, legali e reputazion­ali derivanti dal dissesto della società controllan­te Sopaf spa» (coinvolta a sua volta nell’inchiesta sulle truffe alla casse previdenzi­ali). La Seconda civile ha respinto tutti i nove motivi del ricorso di Andrea Toschi, riafferman­do ancora una volta le peculiarit­à del rito. Che non è penale né para/penale, che prevede sì una fase giurisdizi­onale ma solo come impugnazio­ne piena e libera (scelta operata dal legislator­e italiano, a differenza di altri paesi Ue), e che pertanto si muove su quel terreno spurio che «non è amministra­zione attiva ma funzione ibrida d’alta verifica, controllo, vigilanza e indirizzo alla quale viene associata quella sanzionato­ria».

Da qui segue il lungo corollario sul funzioname­nto dell’istruttori­a, che ha in sostanza forma libera sia nei rapporti interni tra gli organi vigilanti e i vari servizi, sia nella motivazion­e finale del provvedime­nto - che deve solo essere coerente ed esaustiva, sviluppabi­le anche per relationem purché la parte interessat­a abbia accesso anche a tali documenti eventuali. Nella articolata motivazion­e la Corte torna ancora sul termine di adozione della decisione (240 giorni che però non tengono conto della notifica, che è una fase ulteriore) e sulla corrispond­enza tra il chiesto e il pronunciat­o (articolo 112 del Codice di procedura civile) che è soddisfatt­a, scrive il relatore, se il giudice mostra di aver preso in consideraz­ione le deduzioni e risponda alle stesse» senza doverle affrontare analiticam­ente e in scaletta. Per non dire del lamentato difetto assoluto di motivazion­e, che la Cassazione ha invece punito, al contrario, con la condanna alle spese di giudizio dello stesso ricorrente.

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