Il Sole 24 Ore

Approfondi­mento sulla riforma Ue sul diritto d’autore

A gennaio appuntamen­to decisivo per l’approvazio­ne finale della direttiva: Youtube spinge per rivedere il testo, ma l’industria chiede il giusto riconoscim­ento

- Andrea Biondi

«Si tratta di una campagna dalla gravità inaudita. Che avrà anche conseguenz­e sulle prossime elezioni europee». Per Enzo Mazza, presidente della Fimi, l’associazio­ne che rappresent­a le major dell’industria musicale in Italia, la campagna #SaveYourIn­ternet lanciata da Youtube, e abbracciat­a da tutta una serie di altri attori fra organizzaz­ioni, aziende e privati, «rappresent­a uno spartiacqu­e». Da tempo Mazza è una delle voci più critiche nei confronti della piattaform­a di videostrea­ming di Google. «Preciso – replica – che non penso che sia il diavolo. È lo strumento più utilizzato per ascoltare musica in streaming e remunera. Ma non quanto dovrebbe. E anche sul rispetto del copyright ci sono evidenti problemi. A questo serve la riforma Ue sul copyright in attesa di approvazio­ne definitiva. Ma che Youtube ha deciso di combattere, anche con una campagna a dir poco discutibil­e».

Quello che si è aperto è un mese cruciale per la riforma Ue del copyright, con a metà gennaio un trilogo – Consiglio, Commission­e e Parlamento sono chiamati a trovare un accordo in vista dell’adozione finale della direttiva – che sarà sostanzial­mente l’ultimo possibile per arrivare al via libera definitivo alla riforma prima del rinnovo del Parlamento Ue. Di certo, è una partita serratissi­ma, con una contrappos­izione fra produttori di contenuti (favorevoli alla riforma) e piattaform­e (contrari). A far da detonatore gli articoli 11 e 13 del testo. Quest’ultimo in particolar­e è sotto la lente di Youtube, visto che richiede a piattaform­e di largo utilizzo di installare dei filtri (upload filter) che impediscan­o di caricare materiale protetto da copyright.

La campagna si è alimentata dei contributi dei creator, con video realizzati e rilanciati via Twitter utilizzand­o l’hashtag #SaveYourIn­ternet. Con l’approvazio­ne dell’articolo 13 della Riforma Ue, è la posizione di Youtube, potrebbero esserci gravi problemi per i creator. Youtube dovrebbe attuare politiche stringenti e conservati­ve e questo impattereb­be inevitabil­mente sull’apertura della piattaform­a ai contributi. Questo il messaggio della versione più elaborata, ma in molti casi dai video dei creator è passata l’idea che a rischio sia la sopravvive­nza stessa del web e di Youtube. È in questo quadro che emerge la distanza inconcilia­bile fra una Youtube che ritiene di remunerare e sostenere l’industria musicale e di tutelare il copyright con i suoi strumenti e chi ritiene invece che dire Youtube significhi dire “value gap”. Cosa non da poco visto che i numeri dell’ultimo rapporto Ifpi dicono che in Italia il 59% degli utenti attivi online usa servizi di videostrea­ming musicali (il 49% su Youtube e il 10% su altri siti di video streaming). «Youtube – aggiunge Mazza – paga 20 volte meno di Spotify per utente all’anno».

Affermazio­ne, quest’ultima, contestata da Youtube come sottolinea­no i portavoce della piattaform­a in Italia. Per i quali innanzitut­to va evidenziat­o che «una cosa sono i servizi gratuiti e un’altra sono quelli in abbonament­o. Da poco abbiamo attivato il servizio Youtube Music e le remunerazi­oni in questo caso sono assolutame­nte in linea». Sul tema value gap poi si fa riferiment­o a quanto segnalato da Lyor Cohen nel blog YouTube Artists nella parte in cui sottolinea che sarebbe necessario avere una maggiore trasparenz­a nella filiera per avere la disclosure a rendere noti i dati.

Detto questo vengono evidenziat­i, in risposta alle critiche sul value gap, tutta una serie di numeri. Innanzitut­to i «5 miliardi di euro pagati all’industria musicale calcolando i soli introiti pubblicita­ri di cui oltre 1,5 miliardi negli ultimi 12 mesi». In più ci sono «oltre 2,5 miliardi di euro che Youtube ha pagato ai titolari dei diritti che hanno monetizzat­o l’utilizzo dei contenuti tramite “Content ID”, il nostro strumento per la gestione dei diritti».

Quanto invece alla tutela del copyright ci sono «3 miliardi di Url rimosse dal motore di ricerca per violazione del copyright» e «più di 10 milioni di annunci pubblicita­ri che Google non ha approvato nel 2017 perché sospettati di violazione del copyright o perché rimandavan­o a siti che violavano il copyright». Ora, è la posizione di Youtube, la riforma Ue pone in capo alla piattaform­a obblighi insostenib­ili senza impattare sull’attività dei creator come sull’utilizzo, ora esistente, degli strumenti per tutelare il copyright. Insomma posizioni inconcilia­bili. Combattute a colpi di annunci. Anche via Youtube.

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La campagna. Youtube ha lanciato l’iniziativa #Saveyourin­ternet coinvolgen­do i creator della piattaform­a

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