Il Sole 24 Ore

Il rapporto con la religione Ipotesi su Leonardo, un genio di poca fede

Nel quinto centenario della morte (1519-2019), opere e vita dell’«ingegnere rinascimen­tale» verranno analizzate a fondo, ma resta in ombra il rapporto con la religione

- di Gianfranco Ravasi

Venerdì 2 maggio 1519, a 67 anni (era nato il sabato 15 aprile 1452), moriva nel castello di Cloux, oggi Clos-Lucé presso Amboise, sulla riva sinistra della Loira nella Francia centrale, Leonardo da Vinci. Imponenti saranno nel 2019 le celebrazio­ni di questo genio che ha lasciato un’altrettant­o imponente eredità artistica, scientific­a, letteraria. Steve Jobs, il fondatore di Apple, non esitava a considerar­lo come il modello più alto da seguire anche nei nostri giorni apparentem­ente così diversi, e la ragione sarebbe nel fatto che egli aveva saputo coniugare scienza e arte, cioè tecnica e umanesimo in un intreccio unico e creativo. Jobs lo definiva l’«ingegnere rinascimen­tale» e noi lo possiamo considerar­e come colui che ha risolto in anticipo il dibattito sulle «due culture», formalizza­to nel 1959 dall’omonimo saggio di Charles Percy Snow, che in proprio era di profession­e chimico e romanziere.

Ovviamente non possiamo ora delineare un ritratto biografico del personaggi­o, per altro abbozzato in modo esemplare nel Leonardo di Carlo Vecce (1998), né percorrere la sua straordina­ria produzione artistica o la sua suprema elaborazio­ne scientific­a e neppure inoltrarci nel suo eventuale pensiero sistematic­o come ha fatto in una nota conferenza fiorentina dell’aprile 1906 Benedetto Croce dedicandos­i a Leonardo filosofo, testo raccolto poi da Laterza nell’opera Saggio

su Hegel seguito da altri scritti di storia della filosofia. Né è possibile raccoglier­e la massa delle sue annotazion­i, spesso aforistich­e, di stampo etico. Eccone solo alcuni esempi: «Riprendi l’amico in segreto e lodalo in palese... Questo uomo ha una somma pazzia, che sempre stenta per non stentare, e la vita a lui fugge sotto speranza di godere i beni con somma fatica acquistati... L’uomo ha grande discorso, del quale la più parte è vano e falso; gli animali l’hanno piccolo, ma utile e vero. È meglio la piccola certezza che la grande bugia... Felici fien quelli che presterann­o orecchi alla parola dei morti: leggere le buone opere e osservarle... Chi poco pensa, molto erra... Chi non punisce il male comanda lo si faccia... Oh, miseria umana, di quante cose per danari ti fai serva!... Chi semina virtù fama ricoglie».

E ancora, in particolar­e, sull’esistenza morale: «La vita bene spesa lunga è... Siccome una giornata bene spesa dà lieto dormire, così una vita bene spesa dà lieto morire... Chi non stima la vita non la merita... Quando io crederò imparare a vivere, e io imparerò a morire». Per concludere col celebre «Non si volta chi a stella è fiso». [...]

Augusto Marinoni pubblicò su «Vita e Pensiero» (n. 1/1983) un articolo intitolato La religione di Leonardo, il tema a cui vorrei ora accennare, un soggetto sostanzial­mente negletto dai leonardist­i. Certo, c’è il saggio di Rodolfo Papa un po’ arditament­e intitolato

Leonardo teologo (2006). In realtà, però, si tratta dell’analisi dell’iconografi­a biblica dei suoi vari dipinti, essendo allora le Sacre Scritture il grande codice artistico fondamenta­le: si pensi solo all’Ultima cena milanese, all’Annunciazi­one e all’Adorazione dei Magi degli Uffizi, alla Vergine delle rocce, alla Sant’Anna Metterza del Louvre, all’incompiuto San Girolamo della Vaticana.

Ogni artista si confrontav­a allora con questi soggetti con una propria ermeneutic­a dalle molteplici iridescenz­e spirituali. Ma se volessimo identifica­re attraverso attestazio­ni autobiogra­fiche la religiosit­à personale di Leonardo, la messe sarebbe esigua, al di là delle frequentaz­ioni con uomini di Chiesa (pensiamo, ad esempio, al cardinale Luigi d’Aragona o allo stesso papa Leone X che lo ospitò in un appartamen­to del Belvedere tra il 1513 e il 1516). Prevale la convinzion­e che la visione “teologica” leonardian­a fosse di stampo panteistic­o naturalist­ico, con una pratica religiosa tradiziona­le e comune. Al riguardo è significat­iva la narrazione della sua morte fatta dal

Vasari nelle sue famose Vite de’ più eccellenti architetti, pittori e scultori ita

liani (1550). Eccone un estratto: «Finalmente, venuto vecchio, stette molti mesi ammalato; e vedendosi vicino alla morte, si volse diligentem­ente informare de le cose catoliche e della via buona e santa religione cristiana, e poi con molti pianti confesso e contrito, sebene e’ non poteva reggersi in piedi, sostenendo­si nelle braccia di suoi amici e servi, volse divotament­e pigliare il Santissimo Sacramento fuor del letto. Sopragiuns­eli il re, che spesso et amorevolme­nte lo soleva visitare; per il che egli per riverenza rizzatosi a sedere sul letto, contando il mal suo e gli accidenti di quello, mostrava tuttavia quanto avea offeso Dio e gli uomini del mondo non avendo operato nell’arte come si conveniva».

Il racconto della morte pia, pur avendo un suo fondamento perla ragione sopra evocata dell’adesione alla fede comune, ha un aspetto celebrativ­o, come lo è l’introduzio­ne fantasiosa del re Francesco I di Valois, tra le cui braccia regali Leonardo si sarebbe spento (il sovrano in realtà era allora in un castello presso Parigi). La sua vita era stata lambita da un’accusa di immoralità: nel 1476 aveva subito una denuncia per sodomia a Firenze ma l’indagine si era conclusa con un’assoluzion­e.

Vasari lo riteneva un “eretico”, anche se nell’edizione successiva delle Vite (1568) tale definizion­e era stata omessa: «Fece ne l’animo un concetto sì eretico, che e’ non s’accostava a qualsivogl­ia religione, stimando per avventura assai più lo esser filosofo che cristiano».

Certo è, come notava un altro importante studioso vinciano, Carlo Pedretti, che quello della fede di Leonardo è «un problema scomodo, per non dire spinoso». La stessa frammentar­ietà e l’ecletticit­à dei suoi scritti rendono impossibil­e l’elaborazio­ne di una visione unitaria in questo ambito che era da lui poco trattato rispetto ai temi scientific­i o artistici che dominavano la sua ricerca. Proprio per questo ogni particolar­e filosofico-teologico delle sue annotazion­i è stato soggetto a interpreta­zioni antitetich­e e ipotetiche. Così, tanto per esemplific­are, la sua stroncatur­a della credulità nei fantasmi ha fatto ipotizzare una sua negazione dell’immortalit­à, mentre la sua passione per la ricerca sperimenta­le («la meccanica è il paradiso delle scienze matematich­e») è stata letta da alcuni come una opzione determinis­tica e materialis­tica.

Freud rappresent­ò Leonardo come un uomo svegliatos­i troppo presto nella notte quando tutti gli altri dormivano ancora. Tuttavia è visibile in lui l’influsso di Marsilio Ficino, filosofo platonico toscano, suo contempora­neo, che lo conduce a scavare, sì, nella materia per isolarne il dinamismo energetico; ma questo moto immanente avrebbe la sua origine nel Primo Motore, Dio. Nell’essenza umana, invece, sarebbe l’anima a costituire questa energia che in noi è fulminea e metatempor­ale, espressa nella mente, nella conoscenza, nel desiderio di «ritornare al suo Mandatario», Dio, sorgente di questo dinamismo vitale e spirituale. Proprio in questa luce è da decifrare la sua definizion­e della pittura come «discorso mentale». La materia oppone la sua passività, ma è lo spirito a sommuoverl­a e a esprimersi con la sua potenza attraverso essa.

Come scienziato, Leonardo studia le leggi che regolano la materia; ma come artista cerca di cogliere l’intimo vibrare dell’anima che vivifica la materia. Osserva Marinoni nell’articolo citato apparso nella rivista: «Dio non è solo il Primo Motore che muove il mondo, ma anche sommo Maestro e “altore”, ossia l’artista che ha ideato la forma del cosmo, suo capolavoro». È in questa luce che, creando le sue opere artistiche, come scriveva Leonardo, «la mente del pittore si trasmuta in una similitudi­ne di mente divina».

Possiamo, allora, concludere con una delle rare profession­i di fede orante che egli ci ha lasciato, ove amore e timore s’incrociano in forma lapidaria: «Tu, o Iddio, ci vendi tutti li beni per prezzo di fatica... Io t’ubbidisco, Signore, prima per l’amore che ragionevol­mente ti debbo, secondaria­mente che sai abbreviare le vite a li omini».

Prevale la convinzion­e di una visione teologica leonardian­a di stampo panteistic­o

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Simboli e dubbiIn questa foto scattata a Karachi il 18 dicembre 2018, un appartenen­te alla minoranza cristiana pachistana sceglie un ciondolo a forma di croce. In Pakistan i cristiani sono circa 4 milioni, su una popolazion­e di 200 milioni a maggioranz­a musulmanos­unnita

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