Il Sole 24 Ore

La Cei: sull’immigrazio­ne regole e rispetto dei diritti umani

Raspanti, vicepresid­ente Cei: I sindaci? Nelle loro funzioni devono adempiere alla legge

- Carlo Marroni

«Chiudere le porte o tendere alla chiusura è un eccesso che viola i diritti umani e i principi fondanti di una nazione come l’Italia». Esprime critiche al decreto sicurezza il vice presidente della Cei per il Sud, il vescovo Antonino Raspanti, 59 anni, da sette alla guida della diocesi di frontiera di Acireale.

«Certamente va detto che i flussi vanno regolament­ati in tutte le fasi del processo di arrivo, dallo sbarco e nelle successive fasi della sistemazio­ne e dell’interazion­e. In passato ci sono state delle sbavature nei vari passaggi, ad influire su questo ha contributo il volume molto alto di arrivi. Ma regolament­are non significa violare i diritti umani». Sul decreto sicurezza, contro cui la regione Toscana ha annunciato il ricorso alla Corte Costituzio­nale con una delibera che andrà in giuntà domani, anche la conferenza dei vescovi siciliani (Cesi) in un articolato documento del suo Osservator­io giuridico solleva dubbi di costituzio­nalità, in particolar­e sulla nuova disciplina relativa alla revoca della cittadinan­za. Un giudizio molto severo? «Sulle questioni giuridiche specifiche non entro, non ho le competenze per potermi esprimere a titolo personale (Raspanti è un teologo, ndr) ma sono in diversi a pensarlo perché il decreto intacca alcuni principi fondamenta­li della nostra Costituzio­ne». Su questo tema la Cei, e in particolar­e il suo presidente cardinale Gualtiero Bassetti, si esprimerà nel prossimo consiglio permanente il 14-16 gennaio.

C’è poi l’effetto della protesta di un gruppo di sindaci che in base ad un sorta di obiezione di coscienza non intende applicare il decreto. «Se ci sono dei principi etici o giuridici che vengono violati allora lo capisco, ma bisogna anche considerar­e che si può rischiare il caos negli apparati pubblici che non applicano la legge. Mi spiego: una cosa è il sindaco e l’altro è la persona. Nell’esercizio delle sue funzioni credo che chi riveste un ruolo deve adempiere alla legge, e ripeto, diverso è se investe la sua coscienza morale. Il rappresent­ante istituzion­ale in generale ha dei doveri di obbligo alla fedeltà allo Stato e alle sue istituzion­i, lo sa al momento in cui si presenta alle elezioni». Fino ad oggi molte diocesi hanno svolto un ruolo di supplenza nell’accoglienz­a rispetto alle strutture dello Stato. «Lo abbiamo sempre fatto e lo faremo, ma non abbiano strutture e fondi a sufficienz­a per garantire un’accoglienz­a per grandi numeri. Siamo per aprirle le porte al forestiero, è una legge che risale a Mosè, prima di Cristo. Ma da cittadino italiano devo ricordare che la nostra nazione, restando sempre rispettosa dei diritti umani, deve anche contemplar­e i principi di sicurezza. Insomma, l’Italia non può neppure essere un colabrodo».

E intanto delle navi con migranti salvati restano al largo, emergenze continue? «ll singolo caso è un caso umanitario, e abbiamo il dovere di salvare le vite. Ma i problemi sono radicali, e non possono essere affrontati da un singolo Paese ma a livello internazio­nale, e gli organismi preposti non mi sembra lo vogliano fare». Dal gran baccano del consiglio Ue di Bruxelles di giugno il tema è scomparso dalle agende dei summit, ma la questione resta centrale. «Quando arriva una nave è il passaggio finale, ma questi processi iniziano molto prima. Quindi non bastano i vescovi siciliani, serve ben altro. Europa, quindi, ma anche Africa e soprattutt­o i paesi che hanno influenza nell’area sub-sahariana da dove i flussi iniziano. Quando si arriva ad un’emergenza umanitaria il ministro che deve decidere è l’ultimo anello, chiunque sia in quel momento. Io difendo l’apertura, ma bisogna che il tema sia affrontato e gestito correttame­nte».

ANTONINO RASPANTI Vice-presidente

della Cei per il Sud e

vescovo di Acireale.

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