La new economy compensa il declino di comparti storici
«La scelta di Austin per il nuovo campus di Apple avrà effetti a catena, di investimenti, posti di lavoro, nuovo talento, imprese. Ci sarà crescita per l’intera area». A parlare è Adriana Cruz, direttore della Greater San Marcos Partnership, associazione per lo sviluppo economico di una regione a mezz’ora dalla capitale texana. È di passaggio a New York proprio per corteggiare aziende e investitori. E il suo invito è l’esempio di come i protagonisti della new economy, indipendentemente dalle peripezie di borsa, restino oggi il nocchiero dell’economia americana con i loro progetti di espansione, sia strategici, con l’ingresso rivoluzionario dell’hi-tech in crescenti campi, che fisici, con inedite enormi sedi. Accanto a Apple a Austin gli ultimi mesi hanno visto Amazon conquistare New York e Virginia per un secondo, sdoppiato, quartier generale. E Google di Alphabet raddoppiare la scommessa su Manhattan.
Comparti più tradizionali, in un’economia sempre più dominata da servizi e attività a maggior sofisticazione e valore aggiunto, hanno invece continuato a soffrire, nonostante la retorica sul loro riscatto. Il caso eclatante è il carbone. L’occupazione oscilla da tempo attorno ai 53mila addetti e ne ha aggiunti forse 2.500 da quando Donald Trump è presidente. Il trend epocale negativo è intatto: un declino decennale, culminato nel 2018 con il livello minore di uso del carbone dal 1979 mentre per produrre energia elettrica avanzano gas e fonti rinnovabili. Nel 2019 altri 20 obsoleti impianti dovrebbero chiudere. E se il carbone è punto dolente, anche segmenti manifatturieri, dai condizionatori ai vecchi stabilimenti di assemblaggio auto, faticano.
Le aziende tech, al contrario, inseguono nuove frontiere da sole o con partnership, dai servizi cloud a sanità e medicina, da vetture selfdriving ai mille usi dell’intelligenza artificiale. Facebook, che ha aumentato i dipendenti del 45% in un anno, sta per insediarsi in una nuova torre a San Francisco diventando il terzo inquilino tech della città dietro Salesforce e Uber. La forza lavoro di Alphabet è cresciuta in un anno del 21%; i dipendenti di Amazon, mezzo milione senza i temp, sono triplicati in un triennio con il moltiplicarsi di magazzini e l’integrazione dei supermercati Whole Foods.
I nuovi e sbandierati progetti miliardari di espansione di Amazon e Google, ben oltre i confini di Silicon Valley, non arrivano insomma a caso. Amazon investirà cinque miliardi in vent’anni per assumere 50mila dipendenti tra New York e Arlington, coltivando media e pubblicità come la sicurezza cibernetica del Pentagono. Google raddoppierà gli occupati a Manhattan a ventimila per meglio catalizzare innovazione e contratti, e ha in programma un nuovo campus anche a San José. Hanno sicuramente le forze per farlo. Apple, Amazon, Facebook e Alphabet (Google) nel terzo trimestre dell’anno scorso - l’ultimo riportato - hanno messo a segno assieme un fatturato da 167 miliardi, in crescita di un quarto. E il destino dell’economia americana è sempre più nelle loro mani.