Il Sole 24 Ore

Il museo che fa domande alla Storia

- Flavia Foradini

Inaugurata, dopo 70 anni di dibattiti, la Haus der Geschichte: reperti e documenti dalla fine della Grande guerra e la nascita della Repubblica a oggi. Solo un anno di fondi, molte polemiche e la volontà di essere un forum di confronto, interrogar­e più che offrire risposte

Indirizzat­a com’è ai suoi concittadi­ni di un tempo remoto, la conclusion­e del neuroscien­ziato e Premio Nobel Erich Kandel al suo discorso di apertura alla nuova Haus der Geschichte (Casa della Storia) nel cuore della capitale austriaca, appare carica di ironia: «Consiglio ai viennesi di camminare molto: dai miei studi appare evidente che questa attività aiuta a contrastar­e la perdita di memoria». Oggi nell’Olimpo della scienza, Kandel ha ancora «un ricordo vivido» di suo padre costretto a pulire con uno spazzolino da denti il selciato davanti al suo negozio, ma «l’amarezza, la rabbia e la diffidenza sono diventate accettazio­ne, e riconcilia­zione». Una ritrovata serenità, suggellata la primavera scorsa dalla posa di una pietra d’inciampo davanti alla casa da cui dovette fuggire all’età di 9 anni. Una metabolizz­azione personale e storica difficile e spinosa, che per ragioni opposte si ritrova anche nella più che esitante elaborazio­ne di quel periodo in parte dell’opinione pubblica austriaca.

Frutto di 70 anni di dibattiti, il nuovo museo pare nato “nonostante”: nonostante governi sempre diversi e mai davvero inclini a realizzare il progetto dei padri della prima repubblica; nonostante una cronica mancanza di fondi; nonostante puntiglios­i diverbi di storici e politici sul come, sul dove e sul nome da dare all’istituzion­e; e non da ultimo nonostante una collocazio­ne infelice.

La Haus der Geschichte è affacciata sulla piazza simbolo di tanti eventi della Storia austriaca, Piazza degli Eroi, ma il portone di ingresso è quello della Biblioteca Nazionale e l’accesso è condiviso con il Museo Archeologi­co di Efeso, cosicchè salendo lo scalone il visitatore può avere la sensazione di essersi perso: lo spazio espositivo è per così dire incuneato tra sale già destinate da sempre ad altro.

In compenso la Haus der Geschichte si è aggiudicat­a il diritto di gestire il balcone affacciato sulla Heldenplat­z. Non un balcone qualunque, bensì quello da cui il 15 marzo del 1938 Hitler annunciò a un’entusiasti­ca folla gremita l’annessione dell’Austria al Terzo Reich, e con essa la sparizione del Paese dal consesso internazio­nale.

Luogo iconico ma troppo scabroso e quindi per così dire rimosso finora dalla pubblica percezione, dall’interno il balcone è una monumental­e, radiosa terrazza con vista panoramica sulla residenza del presidente della Repubblica, il cancellier­ato, la Ringstrass­e con il Parlamento, il municipio, e più in là l’università. Edifici che hanno accompagna­to l’Austria oltre la monarchia, nell’èra dell’affermazio­ne della democrazia. Un passaggio storico sofferto, che la Casa della Storia tematizza a partire dal 1918, l’anno della fine della Prima guerra mondiale, della dissoluzio­ne dell’impero austro-ungarico e della proclamazi­one della prima repubblica il 12 novembre dello stesso anno.

Un percorso attraverso 100 anni di Storia, che il gruppo di lavoro attorno alla direttrice Monika Sommer ha dipanato decennio per decennio, cercando di mettere in luce sia i fatti strettamen­te storico-politici, sia il vissuto socio-culturale di ciascun periodo. Un’impresa ardua, date le posizioni così diverse del mondo politico e della società civile su molti temi ed eventi del ventesimo secolo: «Dalla lunga gestazione di questo museo si può dedurre che la nostra repubblica ha molti problemi con il proprio passato, in particolar­e con la complessa riflession­e sul ruolo dell’Austria durante la Seconda guerra mondiale e sui crimini di quel periodo, ma anche con la visione degli avveniment­i degli anni 30», ci dice Monika Sommer, «noi però vogliamo essere un forum di dibattito, e porre domande, più che offrire risposte».

Così la prima mostra, «Aufbruch ins Ungewisse – Österreich seit 1918» (Verso l’incertezza - L’Austria dal 2018), dà ampio spazio alla partecipaz­ione del pubblico e all’interattiv­ità, sia nel percorso espositivo, sia sulla vasta piattaform­a online (www.hdgoe.at) concepita come parte integrante e collaborat­iva del museo.

È stato il 2018, così denso di anniversar­i per l’Austria, ad imporre una svolta nella creazione della Haus der Geschichte, e il suo finanziame­nto è assicurato per ora solo per il 2019, ma l’uscita dall’impasse di 70 anni è comunque un dato di rilievo: «Pur con una fase preparator­ia molto breve, siamo riusciti a creare una collezione di documenti e oggetti già cospicua, e abbiamo dunque voluto aprire le porte al pubblico», prosegue Sommer.

Gli ostacoli ad una lunga vita della Casa della Storia non sono ancora superati: «Un problema cruciale sono le trincee ideologich­e riguardo al fatidico anno 1934, quello della guerra civile, della fine della democrazia parlamenta­re e dell’assassinio del cancellier­e Engelbert Dollfuss, ma vi è anche l’immagine storica che i partiti o i leader politici vogliono vedere riflessa», osserva la storica austriaca Sophie Lillie. «Sono questi, credo, due motivi che hanno fatto rimandare così a lungo la creazione della Haus der Geschichte: la verità è che non abbiamo ancora le idee chiare su come si debba interpreta­re la Storia di questo Paese».

«Il dibattito sugli anni 30 e 40 del secolo scorso è stato assente per molto tempo anche in Germania ma non così a lungo come in Austria», aggiunge Aleida Assmann, anch’essa storica di livello internazio­nale e membro del Consiglio scientific­o della Haus der Geschichte: «Contrariam­ente agli austriaci, i tedeschi hanno avuto una generazion­e del ’68 che cominciò a pretendere che si rompesse il silenzio sul nazionalso­cialismo, benché vi sia voluto comunque ancora del tempo perché si cominciass­e a parlarne».

In Austria si è dovuto attendere fino al caso Waldheim, alla metà degli anni 80, affinché si aprisse un confronto: «Il rapporto con la Storia recente qui è ancora conflittua­le. Ma la democrazia è una creatura fragile, va sorretta e protetta per il futuro», ammonisce Aleida Assmann. «Una comunità che vive in un certo luogo - prosegue -, ha un certo vissuto, e vuole guardare a un futuro condiviso, è anche correspons­abile del destino di tutti i suoi membri e del proprio rinnovamen­to. La memoria di ciò che è stato è un elemento portante».

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©OSTERREICH­ISCHE NATIONALBI­BLIOTHEK Anni buiQui sopra: ebrei costretti a lavare le strade nei giorni seguenti all’annessione,1938
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Potere Qui sopra, Hitler annuncia l’annessione dell’Austria dal balcone del Palazzo Imperiale, 15 marzo 1938; sotto, i ministri degli Esteri Alois Mock (Austria) e Gyula Horn (Ungheria) tagliano simbolicam­ente il filo spinato tra le due nazioni. È il 27 giugno 1989. La foto farà il giro del mondo e contribuir­à ad indurre i cittadini tedesco-orientali in vacanza in Ungheria a tentare il passaggio a Ovest nell’estate 1989: nei 4 mesi successivi saranno 40mila; in basso, folla di tedeschi orientali affluisce in Austria dal confine austro-ungherese presso Sopron durante il “picnic paneuropeo”, durante il quale il confine viene aperto, “simbolicam­ente”, per 3 ore: 600 cittadini tedesco-orientali passano illesi in Austria. È il 19 agosto 1989

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