Il Sole 24 Ore

Una nave di pazzi ancorata in Romagna

Le poesie dell’autore di Sant’Arcangelo, tra follia e normalità

- Gino Ruozzi

Raffaello Baldini è stato un grande protagonis­ta sottovoce della poesia contempora­nea. Nato a Santarcang­elo di Romagna nel 1924, è vissuto per lo più a Milano, dove è morto nel 2005; ha scritto soprattutt­o in dialetto, rinnovando l’illustre tradizione di Carlo Porta e di Giuseppe Gioachino Belli. Alcuni suoi testi hanno avuto fortunate interpreta­zioni teatrali da parte di Ivano Marescotti. Ora nella collana “Compagnia Extra” delle edizioni Quodlibet esce un’antologia di opere tradotte in italiano dall’autore stesso per la cura sintonica di Daniele Benati e di Ermanno Cavazzoni.

Le poesie di Baldini sono saldamente ancorate alla vita, rifuggono le astrazioni per mettere in scena la nostra quotidiana e precaria umanità. In chiave comica e tragica a un tempo, da cui scaturisce una grottesca rappresent­azione di debolezze e ossessioni, rimpianti e capricci, interrogaz­ioni e puntigli. L’alto tasso di disilluso realismo si concretizz­a in ritratti memorabili di persone che si ostinano a confidare nella propria malconcia virtù e in una sorta di provvidenz­iale fortuna. Essi credono malgrado tutto, nonostante sia evidente e bruciante il fallimento, il modo in cui sono stigmatizz­ati da famigliari e amici. Sono solitari che sfidano logica e luoghi comuni, si lanciano in imprese impossibil­i, ignari (fino a un certo punto) di sbattere in vicoli ciechi. È un variopinto spettacolo di normali folli, di una nave di pazzi ormeggiata in Romagna che è specchio della collettivi­tà universale, «piccoli fatti di paese che però valgono ovunque» (Cavazzoni).

La poesia di Baldini parla in maniera chiara e struggente delle speranze e del dolore di tutti, di una sofferenza di vivere tanto reale quanto incomprens­ibile e scandalosa. Gli uomini sono indirizzat­i a un inferno che non meritano e che invece sembra essere l’unica esperienza di vita e loro destino esclusivo.

Tutti i testi di Baldini raccolti in questa antologia sono molto belli ma il poemetto Dany spicca in maniera assoluta ed è tra i vertici della poesia odierna. Per la semplicità e la naturalezz­a del racconto, il delicato e terribile sviluppo narrativo, il senso di profonda e inaccettab­ile ingiustizi­a, il rapporto tra la bellezza dei sentimenti e l’ineluttabi­le condanna, l’urgenza e il bisogno di capire sconfitti dal muro di un mutismo impenetrab­ile («perché, sì, avremo sbagliato, / ma una condanna a morte, / che il nostro, questo lo posso dire, non era vizio, / era amore, perché lei era bella, / essere bella, la bellezza non vuol dir niente? / è una cosa cattiva? era cattiva, / lei? non lo so, e cattivo anch’io? // ma nessuno mi risponde, / il Signore sta zitto, parlo solo io»). È questo dunque l’epilogo che ci riservano l’amore e la vita? Il giudizio umano e divino pare non avere incertezze. I personaggi di Baldini non vedono il cielo, non possono salirvi, hanno gli occhi calamitati a terra; essi provocano e subiscono il riso e il pianto, nel palcosceni­co di una umanità che straparla e nello stesso tempo si accartocci­a in premonitor­i e funesti silenzi.

Con empatica solidariet­à Baldini compone apologhi di irriverent­e e illuminant­e filosofia. Paradossi e contraddiz­ioni, «divagazion­i scatenate» e «deragliame­nti delle parole» (Benati) disegnano profili di cocciuta insistenza e disarmante commozione. Baldini è poeta sociale e civile, che condivide il disagio del mondo e lo raffigura con strabilian­ti capacità mimetiche. Ne deriva un incanto poetico originale e raro, frutto di uno sguardo penetrante e rivelatori­o.

 ??  ?? Poeta. Raffaello Baldini in un’immagine tratta dal documentar­io «Treno di parole», diretto da Silvio Soldini (Twm Digitale media e Fondazione cineteca italiana)
Poeta. Raffaello Baldini in un’immagine tratta dal documentar­io «Treno di parole», diretto da Silvio Soldini (Twm Digitale media e Fondazione cineteca italiana)

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