Il Sole 24 Ore

L’italiano senza fronzoli della crocerossi­na al fronte

- Lorenzo Tomasin @lorenzo tomasin

Da alcuni anni ormai la linguista Rita Fresu va componendo, in una serie di studi dedicati ad epoche e ambienti molto vari, un capitolo della storia della lingua italiana che prima o poi andrà raccontato in piena autonomia e col respiro che merita: quello che riguarda l’italiano scritto dalle donne. È un àmbito popolato di monache (per molti secoli, le suore sono state quasi le uniche donne a saper leggere e a voler scrivere) e di qualche strega (celeberrim­o il caso della sventurata sabina Bellezze Orsini, autrice di un toccante memoriale primo cinquecent­esco ). Ma anche divari e scrittrici, e di interi filoni di produzione specifica, come letteratur­a educativa moderna rivolta alle ragazze. Tutti temi già trattati, almeno in parte, dalla studiosa, che rientrano in un filone sempre più ramificato di ricerche, ovviamente non solo italiano. Nel suo ultimo libro, scritto assieme a Barbara Cappai, Fresu ha affrontato un aspetto tra i meno noti della letteratur­a della Grande guerra, osservando con la lente della storia della lingua il diario di quella che di fatto è la fondatrice delle crocerossi­ne italiane, Sita Meyer Camperio. Quando si pensa alle scritture dal fronte della Prima guerra mondiale, vengono alla mente da un lato le grandi pagine della letteratur­a nate da quell’esperienza, e da un altro le ben più umili pagine della scrittura epistolare, cioè quelle lettere di soldati, combattent­i o prigionier­i, che già da molti decenni sono un banco di prova per lo studio della scrittura di quelli che oggi chiamiamo semicolti o semiletter­ati: è la gente poco istruita di quei tempi (quella d’oggi di solito ruggisce davanti a una tastiera), che quando scrive lo fa per necessità e di solito con difficoltà, affrontand­o la pagina bianca per il desiderio di dialogare a distanza con parenti e persone amate da cui la grande tragedia della guerra teneva lontani.

Inutile dire che la maggior parte della documentaz­ione anche non letteraria lasciata in eredità dalla Guerra è costituita da testi scritti da maschi. Soldati, di solito. E quasi inutile aggiungere che le uniche donne che finora avevano suscitato qualche interesse per la loro scrittura – anche in questo frangente storico – sono quelle che manovrano a loro volta la scrittura con incertezza e quasi obtorto collo: cioè le corrispond­enti dei soldati. Meritava dunque di essere esplorato un territorio poco noto: quello di una presenza femminile colta, avvertita e socio-culturalme­nte superiore alla maggior parte dei combattent­i, che il primo conflitto mondiale rende tristement­e assidua in zona d’operazioni. Sono appunto le crocerossi­ne: donne dell’alta borghesia, se non addirittur­a della nobiltà, votate all’assistenza per ragioni di solito patriottic­he, spesso corroborat­e da convinzion­i ideologich­e. L’interventi­smo si sposò spesso in quegli anni – come ricorda Fresu – con femminismo e suffragism­o di chi riteneva che la guerra avrebbe scosso la società favorendo l’emancipazi­one. Le pagine di Sita Camperio – milanese, con studi alla Normale e diploma al conservato­rio, sposata a uno svizzero Meyer – sono un vero diario di guerra, molto più asciutto e severo di quelli di tanti tenentini, scritto da una persona colta e determinat­a che deve far di continuo i conti con pregiudizi e remore dei maschi, spesso poco propensi ad accettare la presenza di donne sul fronte, e con l’esitante appoggio di donne influenti, come la Duchessa d’Aosta. Le pagine di Fresu sono interessat­e soprattutt­o alla sua posizione nel cammino che porta l’italiano ad essere lingua comune durante la prima fase dello Stato unitario, nonché a un confronto tra le scelte linguistic­he di Sita – il cui diario verrà pubblicato negli anni Trenta – e quelle di altre crocerossi­ne meno note, ma tutte di alta levatura culturale e, di solito, di buona capacità scrittoria. È una scrittura senza fronzoli, senza trine e pizzi, che non chiede d’essere ammirata e – di solito – non s’aspetta nemmeno d’essere resa pubblica. In quest’ambito della produzione femminile, antenata di quella di certi grandi reportage firmati da giornalist­e delle generazion­i successive, l’eleganza è sobria.

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Per ogni cosa c’è un posto migliore—Luigi MalerbaIl pianeta azzurro, Milano, Garzanti,1986Scelto daGino Ruozzi
 ??  ?? Pioniera in prima linea Sita Meyer Camperio (Milano, 1877-Rapallo, 1967) è considerat­a la fondatrice delle crocerossi­ne italiane
Pioniera in prima linea Sita Meyer Camperio (Milano, 1877-Rapallo, 1967) è considerat­a la fondatrice delle crocerossi­ne italiane

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