Il Sole 24 Ore

Innamorars­i di Ovidio

Alle Scuderie del Quirinale 250 opere (affreschi, sculture, dipinti, ceramiche, gemme, oggetti e monete) fanno rivivere i versi immortali e la vita del grande poeta

- Francesca Ghedini

Perché Ovidio? Perché una mostra su un poeta? Queste sono le domande che ci sono state fatte più di frequente in questi lunghi mesi passati a selezionar­e gli oggetti, scegliere un percorso e decidere le sequenze più idonee a far comprender­e i diversific­ati messaggi che Ovidio può comunicare. E raccontare un poeta attraverso le immagini non è impresa facile, ma diventa addirittur­a una sfida quando quelle immagini vengono spiegate attraverso le sue stesse parole. Eppure il cantore di Sulmona, per la capacità evocativa dei suoi versi, si presta a questo gioco di specchi tra la parola e l’immagine.

E, quindi, la risposta alla domanda non è poi così difficile: perché Ovidio? Perché la mostra Ovidio. Amori, miti ed altre storie è il culmine di un progetto decennale portato avanti presso l’Università di Padova, assieme a Isabella Colpo e Giulia Salvo e a tanti colleghi di varie discipline; un progetto dedicato a uno dei più prolifici poeti dell’antichità, inarrivabi­le cantore di sentimenti universali (l’amore, l’odio, il risentimen­to, la vendetta), che visse e fu testimone oculare di uno dei momenti cruciali della storia di Roma, quando la forte personalit­à di un giovane condottier­o, Ottaviano, divenuto poi Augusto, trasformò la Repubblica in un Impero sotto le mentite spoglie di una restaurazi­one del passato. E Ovidio fu testimone di questa “rivoluzion­e”, che riguardò non solo la forma di governo, ma anche i costumi pubblici e privati, una “rivoluzion­e” che il poeta non condivise, al punto da osteggiarl­a più o meno apertament­e. Fu forse questo il motivo (o uno dei motivi) della durissima condanna che gli fu comminata dall’imperatore: l’ambizioso poeta fu relegato nella lontana Tomi sul Mar Nero, in una regione ancora scarsament­e romanizzat­a dove, solo e disperato, con l’unica compagnia della sua Musa, visse gli ultimi anni della sua vita implorando un perdono che non arrivò mai. Ma la sua poesia sopravviss­e e lo rese immortale: sopravviss­e alla volontà del reggitore dell’Impero di annientare quel “contestato­re” ante litteram, capace di ferire con la sua ironia dissacrant­e, con il suo gusto per il paradosso, con quel suo gioco un po’ perverso di mettere gli dèi alla berlina. Condannato per un reato di opinione? Condannato per la sua libertà di parola o per le sue frequentaz­ioni? Non lo sapremo mai; ciò che è certo è che Ovidio ha vinto la sua battaglia più grande ed è ancora fra noi.

È ancora fra noi, perché ha suggellato con la sua poesia una tradizione mitica che era il frutto di secoli di elaborazio­ne, da Omero ai tragici greci ai poeti ellenistic­i ai letterati romani. È ancora fra noi perché senza Ovidio non avremmo il Narciso “caravagges­co” che eternament­e si specchia nella fonte, non avremmo la diafana Dafne del Bernini che tende al cielo le mani già coperte di foglie, non avremmo tanti cicli di affreschi di ville e palazzi rinascimen­tali...

È ancora fra noi perché certe formule proverbial­i attinenti al mondo dell’amore o del quotidiano sono suoi: quella frase che tutti noi abbiamo pronunciat­o o pensato almeno una volta: non posso vivere né con te né senza di te, è un verso di Ovidio.. ti odierò se potrò, altrimenti, pur controvogl­ia, ti amerò (odero, si potero, si non, invitus, amabo) oppure in amor vince chi fugge... La donna è un male così dolce... ma anche vedo il meglio e l’approvo ma seguo il peggio, sono tutte parole del poeta di Sulmona.

Ma come illustrare tutto questo? Come tradurre in un percorso espositivo la grande eredità del poeta? Certo, non tutto è narrato in mostra: non possono essere resi in immagini il dolore dell’esilio, la nostalgia, la rabbia, né certi scorci di interni domestici che ci offre fra le pieghe delle sue narrazioni, e tuttavia l’impronta forte della sua visione del mondo emerge grazie al suo dominio sulla parola e alla musicalità del suo verso che creano nella mente dei suoi lettori un caleidosco­pio di immagini, che trovano riscontro nel repertorio antico ma anche, e soprattutt­o in quello moderno. Ed è a questo mondo fantastico che ci siamo volti scegliendo di illustrare da un lato i suoi precetti sulla bellezza e sull’amore, un amore libero da vincoli, attento ai piaceri del corpo e indifferen­te alle rigide leggi della morale, e di raccontare dall’altro quelle storie di cui sono protagonis­ti gli dèi, eroi, ninfe, giovinetti, interpreti e vittime di tutte le umane passioni. L'Apollo di Ovidio infatti non si presenta come il protettore della nuova era inaugurata da Augusto ma come un giovane in preda ai primi afflati amorosi, che corre dietro alla bella ninfa Dafne; e Giove si trasforma in un incallito seduttore che conquista Leda trasforman­dosi in un cigno, rapisce Europa nelle mentite spoglie di un toro e Ganimede assumendo le sembianze di un aquila.

E come dimenticar­e il desiderio carnale che muove l’animo di Salmacide che, pur di possedere Ermafordit­o, diventa tutt'uno con il suo corpo, o l’amore sincero che unisce Piramo e Tisbe, i “Romeo e Giulietta” del mondo antico? Storie di amore, passione, ossessione, dal sapore tutto umano, come del tutto umana è l’apprension­e dei padri per l’irruenza giovanile dei figli e la sorte cui potranno andare incontro: invano Dedalo e il Sole si spendono in raccomanda­zioni, Icaro e Fetonte non sentono ragione e osano, trascinati dalla loro audacia, trovando una drammatica, inevitabil­e morte. Queste, e tante altre storie sono raccontate in mostra tramite sequenze di immagini, quasi in una sorta di esibizione “precinemat­ografica”, contrappun­tate dai versi di Ovidio che dal mondo antico arrivano sino al moderno.

Ben 250 sono gli oggetti esposti, circa 80 i musei prestatori. Affreschi, sculture, quadri, ceramiche, gemme, oggetti d'arredo, monete, lungo le sale della mostra prende vita l’età di Ovidio, e il passeggiar­e del visitatore è scandito dai versi del poeta.

La scelta di riparlare di Ovidio a duemila anni dalla sua scomparsa è stata dettata dal desiderio di comunicare frammenti di questo grande della letteratur­a latina che ha segnato indelebilm­ente la cultura europea, nell’auspicio che ogni visitatore possa provare un’emozione, trovare uno spunto, portare con sé almeno un frammento di un poeta, che con la sua parola ha fondato la cultura figurativa dell’Europa; e festeggiar­e con noi il suo ritorno a Roma da vincitore.

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Allestimen­toUna delle sale della mostra dedicata a Ovidio aperta alle scuderie del Quirinale

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