Per un rafforzamento delle Soprintendenze Uniche
Nel 2016, nel quadro di un complesso progetto di riforme del MiBAC - Ministero dei Beni e delle Attività Culturali (allora anche con le competenze per il turismo), è stata introdotta una radicale innovazione nella amministrazione del patrimonio culturale italiano: il passaggio dalle soprintendenze settoriali, basate sulle discipline (tre distinte per l’archeologia, l’architettura e il paesaggio, le arti) alle soprintendenze uniche territoriali (denominate «Archeologia, Belle Arti e Paesaggio»).
Si è trattato di un cambiamento
epocale, frutto di una riflessione che risale molto indietro nel tempo, già agli anni ’70- ’80 dello scorso secolo, quando questa era una delle proposte avanzate dai settori più aperti e dinamici della politica e della cultura. Si è finalmente realizzata, in tal modo, una unificazione a livello operativo delle attività di tutela che prende atto della unitarietà e organicità dell’intero patrimonio culturale di ogni parte del territorio italiano. Com’è, infatti, possibile separare ciò che è indissolubilmente e organicamente legato nelle realtà stratificate delle nostre città e campagne? Se il patrimonio italiano è un unicum per complessità e diffusione, com’è possibile separare i muri dai rivestimenti pittorici o pavimentali, le opere d’arte mobili dagli edifici che le contengono, le stratigrafie del sottosuolo da quelle degli elevati, la cultura materiale da quella immateriale? È il paesaggio italiano con tutti i suoi tesori, prodotto dell’azione millenaria degli uomini in rapporto alla natura e al mutarsi delle civiltà, che costituisce un forte elemento identitario del nostro Paese e delle comunità che hanno vissuto e vivono in ogni territorio, ad essere in tale nuova visione l'elemento unificante per quella salvaguardia attiva del patrimonio culturale, prevista tra i principi fondamentali della Costituzione (art. 9) e bisognosa di un approccio finalmente contestuale, multidisciplinare ed organico?
Le nuove soprintendenze uniche, nelle quali operano archeologi, architetti, storici dell’arte, demoetnoantropologi (ma sarebbero necessarie anche altre professionalità) finalmente rappresentano un interlocutore unico per i cittadini, gli enti locali, le imprese, i professionisti, capace di parlare con una voce sola superando quella frammentazione di pareri e di prescrizioni, non raramente in contraddizione tra di loro, in precedenza espressione di tre diversi uffici, non senza rischi di contenziosi e di ricorsi, a tutto svantaggio dello stesso patrimonio culturale. Le soprintendenze unificate rappresentano quindi realtà potenzialmente più radicate nei territori e più vicine alle comunità locali. Com’era prevedibile in una riforma così complessa, che ha previsto anche la riforma del sistema museale nazionale e molto altro, i problemi non sono mancati, dettati soprattutto, oltre che dai cronici deficit di mezzi, risorse e personale (solo in parte colmati con la recente assunzione di oltre mille funzionari tecnico-scientifici), dalla mancanza di consuetudine al lavoro comune interdisciplinare, dalle difficoltà di rapporti tra componenti dello stesso ministero, e da oggettive questioni logistiche (gli archivi, i magazzini dei reperti archeologici, i laboratori), aggravati anche dalla necessità per i soprintendenti di ripensare profondamente il proprio ruolo.
Chi chiede il ripristino delle vecchie soprintendenze archeologiche dimostra di guardare nostalgicamente ad un passato, che ignora le evoluzioni metodologiche della stessa archeologia che in questo ultimo mezzo secolo ha individuato proprio nel dialogo con le altre discipline l’acquisizione di quelle conoscenze, che sole garantiscono una più efficace conservazione e tutela di un patrimonio così complesso, qual è quello italiano.
Si auspica, pertanto, che il ministro Alberto Bonisoli non voglia tornare indietro, con un ripristino delle soprintendenze settoriali che provocherebbe non solo una regressione di tipo metodologico-culturale ma anche e soprattutto un ulteriore deleterio scossone organizzativo con ripercussioni gravissime sulla tutela. Ci auguriamo, al contrario, che il Ministro, come ha anticipato lui stesso in varie occasioni, preferisca consolidare il nuovo assetto, riservando la sua attenzione e sensibilità ai meccanismi di applicazione di questa riforma promossa dal suo predecessore,
risolvendo i problemi logistici segnalati dai tecnici del MiBAC, incrementando il personale tecnico e le attrezzature, sviluppando un’attiva azione di formazione del personale, che favorisca la collaborazione con il mondo dell’università e della ricerca.
Andrea Carandini, Daniele Manacorda, Giuliano Volpe, Paul Arthur, Andrea
Augenti, Paolo Biagi, Caterina Bon Valsassina, Gian Pietro Brogiolo, Franco Cambi, Paolo Carafa, Alberto Cazzella,
Carla Di Francesco, Vincenzo Fiocchi Nicolai, Sauro Gelichi, Letizia Gualandi, Maurizio Harari, Tiziana Maffei, Daniele Malfitana, Federico Marazzi, Rosaria
Mencarelli, Marica Mercalli, Marco Milanese, Alessandra Molinari, Silvia Pallecchi, Elisabetta Pallottino, Pietro Petraroia, Antonio Pinelli, Antonia Pasqua Recchia, Grazia Semeraro, Lucrezia Spera, Elisabetta Starnini, Carlo Tosco, Marco Valenti, Guido Vannini,
Enrico Zanini