Il Sole 24 Ore

Tra le pagine che raccontano il viaggio

La storia delle nascita delle guide letterarie per i turisti

- Andrea Cortelless­a

Milecinque­cento miliardi di dollari: questo nel 2015, stando alla World Tourism Organizati­on, l’ammontare complessiv­o dei ricavi del turismo. Cioè il 10% del PIL mondiale. Se nel 1950 i turisti erano 25 milioni, nel 2015 sarebbero stati un miliardo e 200 milioni. Insomma pare proprio che, come dice riportando questi dati Marco d’Eramo nel Selfie del mondo (Feltrinell­i 2017), quella turistica sia «la più importante industria di questo nuovo secolo». Secondo Domenico De Masi, la «turistizza­zione» del mondo è un segno dell’avvento della società postindust­riale, che alla «produzione di beni» ha sostituito quella delle «emozioni», così passando da un’«economia del lavoro» a quella del «tempo libero» (ma il suo ottimismo umanistico è revocato in dubbio proprio da d’Eramo, fra gli esperti chiamati a prevedere come sarà il turismo nel 2030 – nella ricerca sociologic­a illustrata nel suo L’età dell’erranza: Marsilio, 573 pagg., € 22).

A fronte di un fenomeno di tale portata, è curioso che sino appunto a d’Eramo mancassero da noi studi culturali, della «rivoluzion­e turistica», accostabil­i a classici anglosasso­ni come quelli di Dean McCannell, Paul Fussell, Eric Leed, John Urry e James Buzard. Dipenderà dal fatto che, storicamen­te, la nostra è la terra dove i turisti vengono; mentre da quelle britannich­e, per lo più, partono. Dai tempi del Grand Tour, l’Italia e l’Europa hanno intrattenu­to anzitutto questa relazione – testimonia­ta dalle opere di scrittori come Montaigne, Goethe e Stendhal: una tradizione che, questa sì, conosce da noi importanti studiosi (da Attilio Brilli a Cesare De Seta).

Da un certo punto in avanti i turisti hanno voluto prepararsi, prima di partire, anche leggendo. Se un giro di vite – quello che consente di parlare di «turismo» nel senso odierno, prendendo il posto del Grand Tour come questo era seguito al pellegrina­ggio religioso – è rappresent­ato dall’invenzione (da parte sempre di un inglese, Thomas Cook, nel 1840) del «pacchetto turistico», cioè del viaggio organizzat­o come merce seriale, questo viene accompagna­to da un nuovo genere di libro, appunto la «guida turistica». In Germania Karl Baedeker (che la designerà per antonomasi­a), in Inghilterr­a John Murray e in Francia Adolphe Joanne (archetipo delle Guides bleus) impongono un format che resiste sino ad oggi. E che incarna quello che, con Jonathan Culler e Pierre Bourdieu, potremmo chiamare il paradosso del turista. D’Eramo lo sintetizza così: «come Groucho Marx che non s’iscrivereb­be mai a un club in cui lui fosse invitato, così, arrivato in un posto, il turista si lamenta perché, dice, “qui sono arrivati i turisti”». Per dirla con uno scrittore intelligen­te (e naturalmen­te inglese), Evelyn Waugh, «il turista è l’altro tizio» che ci impalla la vista (o, oggi, l’obiettivo dell’i-phone) – mentre noi, beninteso, impalliamo la sua. Se la parola «turista» è attestata nei dizionari dagli anni Ottanta del XVIII secolo, già nel 1799 William Wordsworth esclamava: «Da questi turisti ci protegga il cielo!».

Il paradosso è che fu proprio lui il primo a fare exploitati­on della sua stessa leggenda letteraria (il «Lake District», dove lui e Coleridge avevano ambientato nel 1798 le Lyrical Ballads, era già un’attrazione turistica), pubblicand­o in forma anonima, nel 1810, una fortunata Guide to the Lakes che si può considerar­e la prima «guida letteraria» della storia. Nel 1844 Wordsworth descriverà come una catastrofe la linea ferroviari­a Kendal-Wintermere, che cancellava la «separazion­e e riservatez­za» di quei luoghi. Chi la fa l’aspetti!

Nei casi migliori la «guida letteraria» – che si afferma col Literary Pilgrim di Edward Thomas, 1917 – è un combinato di geografia della memoria, erudizione letteraria e informazio­ni concrete per ogni aspirante «pellegrino». Esemplare insuperato resta la Guida letteraria dell’Italia dei coniugi tedeschi Doris e Arnold Maurer, pubblicata nel 1988 e tradotta da Giancarlo Pontiggia, per Vallardi, cinque anni dopo. Un autentico tesoro più volte ristampato, che per ogni città o borgo sperduto riporta tutto quello che c’è da sapere, distinguen­do – per usare categorie di Nicola J. Watson – il «placing the Author» (i luoghi della sua biografia) dal «locating the Fictive» (i luoghi, cioè, interni alle sue opere).

Ultimo della serie (da Franco Cesati, pagg. 192, € 18) è il Viaggio in Italia della giovane Marialaura Simeone. Che, a prezzo di una discutibil­e grafica appunto “giovane” (che riporta molte illustrazi­oni nel format, peraltro vintage ormai, della Polaroid, e molti testi in una faticosa simulazion­e di grafia a mano), ha il merito di aggiornare il repertorio alle «leggende» più recenti, e dunque assenti nella Guida dei Maurer. E se tocca allora subire Carofiglio o qualche cantautore di troppo, piace incontrarv­i i «luoghi» di Lussu e Rigoni Stern, Pasolini e Bianciardi, Caproni e DeLillo. L’autrice è una letterata, e si vede: da vera “infatuata” ci incoraggia a seguire le sue orme. Perché il turismo letterario è un virus, si trasmette per infezione. Esporsi è un piacere, ma può diventare un’ossessione: siete avvertiti!

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