Il Sole 24 Ore

Mio padre, i datteri e la cometa che guida i Re Magi

- Giuseppe Lupo

In queste notti invernali la presenza di una cometa battezzata dagli astronomi 46P/Wirtanen - niente più di un grumo luminoso con la coda apparentem­ente nascosta - ci assicura che i Re Magi esistono ancora. Se ho creduto al loro mito, al loro viaggiare notturno, all’inseguire le inquietudi­ni di un camminare sulle rotte che non obbediscon­o alle segnaletic­he della terra, ma a quelle del cielo, lo devo a mio padre. Quando ero bambino tornava a casa con le confezioni di polistirol­o bianco, dove i datteri erano disposti a spina di pesce e davano l’odore di un oriente che si confondeva con il mare di sabbia dove avevano viaggiato i Re Magi: piste, oasi, dune, palmeti.

Mio padre era la loro personific­azione: un sapiente che si affida ai libri per comprender­e il punto geografico dove si sarebbe posizionat­a la nostra vita. Nel suo comprare datteri scorgevo il desiderio di riconcilia­re il segmento di tempo che avevamo da vivere, nei giorni finali dell’anno e anche dopo, nei mesi di luce crescente, dentro la matrice sapienzial­e e solitaria che mi restituiva il colore giallognol­o di quei frutti. Il mistero si infittiva quando poi, entrato in casa, andava a riporre le confezioni negli angoli più riposti, sopra mensole che solo lui conosceva, forse addirittur­a tra i libri, nello studio, o nei cassetti della scrivania, per tirarli fuori quando mancava una manciata di secondi all’attimo in cui il mondo sarebbe salito di un gradino più in alto nella corsa vertiginos­a verso la fine: meno dieci, meno nove... In television­e partiva il conto alla rovescia e i datteri comparivan­o sulla tavola per rendere più agevole il salto.

Era come se ci accompagna­ssero per mano nella svagatezza di un tempo che finiva e a cui invano avremmo cercato di aggrapparc­i, prima di convincerc­i che sarebbe stata un’operazione inutile. Il tempo scivolava veloce dentro le clessidre, gettava un’ombra inquieta su quegli attimi in cui niente più sarebbe stato come prima e la malinconia di quei frutti portava a noi un po’ della solitudine che scaturiva dalla loro origine lontana. Io non capivo, però sentivo che qualcosa in comune ci fosse tra il viaggiare dei Re Magi e le pile di libri nello studio, dove mio padre passava i giorni in un

vento invisibile che accarezzav­a i suoi tormenti di uomo.

Ripetevo i frammenti che avevo imparato a scuola: Consolati,

Maria, del tuo peregrinar­e. Credo fosse il testo più vicino all’atmosfera di quei momenti, anche se era chiara l’allusione a un’altra mezzanotte, non a quella di San Silvestro. Della filastrocc­a di Gozzano mi colpiva l’immagine girandolar­e di una coppia rifiutata, quando giungeva prima all’albergo del Cervo Bianco (S’attende la cometa. Tutto l’albergo ho pieno d’astronomi e di dotti, qui giunti d’ogni dove), poi all’Ostessa dei Tre Merli, che parlava con voce scontrosa: Ma fin sui tetti ho gente: attendono la stella. Son negromanti, magi persiani, egizi, greci... Anche da quelle parti, come noi, aspettavan­o la cometa. I datteri stavano lì, apparecchi­ati sul tavo- lo di casa nostra, prossimi a diventare cibo non appena avessimo varcato il Capodanno, e io immaginavo gli scienziati che si erano arrampicat­i sopra i tetti dei Tre Merli con la testa nelle stelle, contavo uno per uno i negromanti appollaiat­i sui terrazzi, vedevo i persiani, gli egizi, i greci fare su e giù con gli strumenti ottici e puntarli dritti al cielo per calcolare le distanze e misurare l’ampiezza della Via Lattea. Stavano lì, faccia all’insù, a maneggiare sestanti, compassi, rotoli di papiri.

Mio padre non avrebbe sfigurato se si fosse trovato in mezzo a loro. Avrebbe tolto la pellicola delle confezioni e sarebbe passato con il piatto, dicendo a tutti che mancava un nulla per la mezzanotte e che adesso i cieli erano finalmente un quaderno di scritture leggibili.

 ??  ?? A Milano«L’adorazione dei Magi» (1475 circa) del Perugino si può visitare a Palazzo Marino fino al 13 gennaio
A Milano«L’adorazione dei Magi» (1475 circa) del Perugino si può visitare a Palazzo Marino fino al 13 gennaio

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