Il genitore ascolta il figlio ma deve guidare il passaggio
Come supportare i futuri studenti nella scelta della scuola giusta, aiutandoli a maturare una decisione consapevole, che potrebbe influenzare il percorso formativo e lavorativo? I primi a porsi questa domanda sono i genitori, chiamati ad affiancare i propri figli in una scelta difficile. Ecco i consigli di Alberto Pellai, psicoterapeuta dell’età evolutiva, per esercitare al meglio questo ruolo delicato, stretto tra desideri, influenze esterne, paure.
Genitori non figli
La prima indicazione è proprio quella di non essere loro stessi, i genitori, troppo ansiosi e spaventati da questo passaggio, che è poi un passaggio di crescita. I figli hanno bisogno di vedere dei genitori che sanno stare al comando dell’automobile che attraverserà questo passaggio con tranquillità e autorevolezza. Quello della partecipazione agli open day non è più un modo per aiutare i ragazzi a capire, ma un’operazione di check list dei genitori di cose che vogliono tenere sotto controllo, con tutti gli indicatori di qualità che hanno in testa. I genitori devono mettersi a servizio di un passaggio di crescita del figlio e non di un loro progetto sulla crescita del figlio.
La visione dei ragazzi
Partire da dove si trova il figlio rispetto a questa decisione, cioè ascoltarlo. Capire che visione ha della sua scuola superiore e provare a verificare i criteri con cui lui intende muoversi e prendere questa decisione. La cosa che deve preoccuparci di più è la totale mancanza di una visione e di criteri. Se vediamo il ragazzo in balia degli eventi, dobbiamo attivarlo. Possiamo mettergli davanti una lista di 7-8 open day e chiedergli di sceglierne tre da visitare.
Gli amici
Vedere quanto gli aspetti relazionali influenzino la scelta del ragazzo. Scegliere la scuola in base alle decisioni degli amici non è un buon criterio, anche se avere un amico nello stesso istituto è sempre una base sicura che fornisce un senso di protezione e facilita le cose all’ingresso.
I consigli dei docenti
È importante ascoltare il parere dei docenti della scuola secondaria di primo grado perché hanno una buona conoscenza delle attitudini e delle competenze dei nostri figli e possono aiutarci a capire se, di fronte ad un profitto non sempre eccellente, ci sono delle potenzialità. Potrebbero infatti dirci che in realtà il ragazzo le competenze le ha, ma non le ha messe in gioco impegnandosi in modo adeguato. Quando poi non ci si riconosce affatto nel consiglio orientativo proposto dalla scuola, vale la pena allargare lo zoom. Meglio appoggiarsi anche ad una terza parte, a un consulente esterno, a un esperto di orientamento con cui fare un percorso insieme.
Il lavoro di mamma e papà
I ragazzi non devono fare per forza il lavoro di mamma e papà. Oltretutto, la scuola superiore non deve indirizzare al lavoro per la vita, ma deve allenare, preparare e far acquisire competenze per la vita. Quando escono dalle superiori i nostri ragazzi non hanno costruito in modo stabile il loro progetto professionale, ma stanno mettendo a punto il loro progetto di vita. Non ipotecherei mai il lavoro di mio figlio con una scelta scolastica a 14 anni orientata a fargli fare quello che mi aspetto che lui faccia per continuare l’attività di famiglia.
Riparare agli errori
Se si sbaglia, si può sempre tornare indietro. L’età evolutiva si chiama così proprio perché evolve imparando dagli errori: la storia delle scuole superiori è piena di ragazzi che nel primo anno vanno incontro a un progetto di riorientamento, se attraversano una zona di crisi. E riescono a formulare una nuova scelta, spesso senza neanche perdere l’anno grazie alle passerelle. Quindi la decisione da prendere prendere entro gennaio non è una decisione per la vita, ma può essere modificata.