Di Maio sostiene i Gilet Gialli, polemica con Parigi
Il ministro Loiseau risponde al vicepremier italiano: faccia pulizia a casa propria Parigi annuncia una nuova legge che inasprisce le pene contro i teppisti
È scoppiata la polemica tra la Francia e l’Italia, dopo che il vicepremier Luigi Di Maio ha espresso il proprio sostegno al movimento di protesta dei Gilet Gialli. Dura e immediata la risposta del governo francese, che ha anche annunciato una nuova legge sull’ordine pubblico proprio per inasprire le pene contro i teppisti.
Per Emmanuel Macron tutto diventa più difficile. I Gilets Jaunes non mollano. La manifestazione di sabato ha visto la partecipazione di 50mila persone in tutta la Francia – non moltissime, tenuto conto delle dimensioni del Paese e della sua lunga tradizione di proteste – ma ha anche segnato un’escalation violenta a cui il governo ora intende rispondere con fermezza.
Sabato è stato attaccato con una ruspa l’ingresso degli uffici del ministero delle Relazioni con il parlamento; mentre due poliziotti sono stati colpiti da un boxeur professionista (che si è costituito). Ieri il presidente del consiglio Édouard Philippe ha annunciato per sabato prossimo un maggior spiegamento di forze dell’ordine, un cambiamento dei protocolli per rendere più rapidi i movimenti della gendarmeria a protezione delle istituzioni; oltre a una legge, simile a quella adottata contro gli hooligans, anche per trasformare la partecipazione alle proteste non autorizzate da una contravvenzione a un delitto con un aggravio dei risarcimenti danni. Mille manifestanti sono stati in ogni caso già condannati.
Al di là delle violenze, il movimento assume una natura sempre più politica. Al punto che una delle portavoci, Jacline Moraud, ipnoterapista di 51 anni, ha annunciato la creazione di un partito, Les emergents. Dall’Italia, il vicepremier Luigi di Maio - sostenuto da Matteo Salvini - ha espresso solidarietà al movimento tutto, ha criticato il ministro degli Esteri Christophe Castaner e ha offerto l’uso della piattaforma Rousseau, scatenando polemiche proprio per la deriva violenta dei Gilets. «La Francia si guarda bene dal dare lezioni all’Italia - ha commentato la ministra francese per gli Affari europei Nathalie Loiseau -, Salvini e Di Maio imparino a fare pulizia in casa loro».
In questo contesto, le prossime mosse del presidente rischiano sempre più di non avere il successo desiderato. Macron immaginava, dopo gli auguri di fine anno in cui ha cercato di riportare il discorso politico sul suo programma, di scrivere una Lettera ai francesi, dedicata ai suoi progetti, soprattutto europei, e di varare il grande dibattito nazionale sulla giustizia fiscale. Domenica, però, il ministro dell’Economia Bruno Le Maire, ha sentito il bisogno di una nuova concessione ai temi sostenuti dai Gilets: nel dibattito sulla fiscalità, ha detto, si potrà parlare del mantenimento dell’imposta patrimoniale sugli immobili per i più ricchi, di cui è stato deciso il progressivo azzeramento. Non sarebbe, politicamente, un vero passo indietro: riporterebbe la riforma della patrimoniale in linea con i programmi iniziali di Macron e le sue promesse elettorali, e permetterebbe di ottenere 8 miliardi di entrate aggiuntive, preziose in questa fase in cui la Francia deve rientrare verso il pareggio entro il 2022. Nel 2017, e malgrado il via libera del Conseil Constitutionnel, il Governo aveva invece ceduto alle pressioni dei parlamentari e aveva esteso l’abolizione dell’imposta anche ai più ricchi.
Le richieste dei Gilets, e la stessa immagine di Macron quale “presidente dei ricchi”, ora consigliano una revisione della misura. La Francia non ha visto in realtà un aumento delle diseguaglianze, negli ultimi decenni, ma le riforme di Macron (come quelle di altri governi di Paesi avanzati) hanno sicuramente seguito la sequenza sbagliata, pesando inizialmente sui più poveri e alleggerendo i più ricchi, nella speranza di un complessivo, e mancato, aumento dell’efficienza.
Le richieste dei Gilets - il Référendum d’initiative citoyenne - non troveranno invece risposta: Macron è stato piuttosto netto. Una parte della sua maggioranza ha chiesto piuttosto di sottoporre a un voto la prossima riforma costituzionale, bloccata a giugno dallo scandalo Benalla, che potrebbe prevedere una riduzione del numero dei parlamentari, l’introduzione di una piccola quota proporzionale, e il limite dei tre mandati identici per i politici.