Pensionati tutor, così la moda difende le competenze
Confindustria al Governo: chi va in pensione istruisce i nuovi assunti per due anni
Speranze e timori rimbalzeranno tra i padiglioni della Fortezza da Basso di Firenze dove oggi si apre la 95esima edizione di Pitti Uomo, la più importante rassegna al mondo di moda maschile (1.230 marchi, per il 46% stranieri, espongono le collezioni per il prossimo autunnoinverno), calamita per 25mila compratori in arrivo da più di 100 Paesi e formidabile generatore di eventi, presentazioni, aperture di negozi, progetti, e di ricadute economiche per la città.
La speranza è che l’industria italiana della moda, reduce da anni di crescita trainata dall’innovazione e dall’export, continui su questa strada nonostante il rallentamento di alcuni mercati avvenuto negli ultimi mesi, soprattutto la Russia ma anche la Francia messa in crisi da attentati e ”gilet gialli”, e il Regno Unito alle prese con la Brexit.
I timori, invece, arrivano soprattutto dalle nuove regole pensionistiche di quota 100, che in settori come il tessile-abbigliamento potrebbero lasciare scoperti, nell’arco di breve tempo, migliaia e migliaia di posti qualificati e difficilmente sostituibili. Per questo Confindustria Moda ha scritto nei giorni scorsi al Governo avanzando una proposta: dare la possibilità a chi va in pensione con quota 100 di rimanere in azienda per formare i giovani destinati a occupare i posti vacanti. Confindustria Moda pensa a un periodo di affiancamento di due anni, che potrebbe essere modulato a seconda delle esigenze. Altrimenti, in un settore come il tessile-abbigliamento che ha già stimato 57mila uscite naturali (cioè con le tradizionali regole pensionistiche) entro il 2021, il rischio di rimanere senza figurechiave è altissimo.
Su questi temi si confronteranno stamani, in occasione dell’inaugurazione di Pitti Uomo che si tiene nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio alla presenza del sindaco Dario Nardella, i presidenti del Cfmi-Centro di Firenze per la moda italiana (che controlla la società organizzatrice della fiera Pitti Immagine), Antonella Mansi; di Pitti Immagine e di Confindustria Moda, Claudio Marenzi; di Confindustria, Vincenzo Boccia; di Sistema moda Italia, Marino Vago; e il sottosegretario allo Sviluppo economico Michele Geraci. Il settore moda naturalmente tornerà a chiedere attenzione e sostegno al Governo, forte dei numeri e dei posti di lavoro.
L’industria italiana della moda maschile (abiti, maglieria, camicie, cravatte e abbigliamento in pelle) ha chiuso il 2018 con una crescita di fatturato dell’1,5% (stime Confindustria Moda), arrivando a sfiorare 9,5 miliardi di euro. Il motore che ha guidato la marcia è stato, ancora una volta, l’export, che ha segnato +3,9% nonostante il rallentamento nell’ultimo trimestre. Ancora negativo invece il mercato interno (-4,6% la stima sui consumi finali 2018), che non accenna a riprendersi. Il risultato di queste dinamiche è che il peso dell’export sul fatturato della moda maschile è cresciuto ancora, dal 65% del 2017 al 67% del 2018, livello che nessun altro comparto-moda può vantare: la leadership internazionale è sempre più salda.
Le previsioni per quest’anno sono di tenuta: il campione di aziende di moda maschile intervistate da Confindustria Moda indica una stabilità delle condizioni congiunturali e uno scarso dinamismo nella raccolta ordini per la prossima primavera-estate. A consolare è il fatto che il commercio mondiale quest’anno è stimato in crescita del 3,5-4%.
Sempre oggi Pitti Immagine festeggia 30 anni di vita con l’annullo di un francobollo delle Poste italiane dedicato alla società fieristica e l’annuncio dell’acquisizione definitiva per 7,2 milioni della Stazione Leopolda di Firenze, dopo che nei giorni scorsi è scaduto il diritto d’opzione.