Ferrari vara la svolta al vertice, Binotto al posto di Arrivabene
Nei piani di Marchionne il passaggio di consegne era già stato previsto
Il 2019 della Ferrari parte con un importante cambio al vertice: Mattia Binotto, il papà della SF71H, la monoposto della scorsa stagione con cui Sebastian Vettel aveva fatto sperare i tifosi nella prima parte del 2018, prende il posto di Maurizio Arrivabene alla guida della scuderia di Maranello nelle vesti di Team Principal. L’ex uomo della Philip Morris esce così di scena. A ufficializzare il passaggio di consegne nella Gestione sportiva è stato un breve comunicato diffuso nel tardo pomeriggio da Maranello: «Dopo quattro anni di impegno e instancabile dedizione Maurizio Arrivabene lascia la Scuderia. La decisione è stata presa di comune accordo con i vertici dell’azienda dopo una profonda riflessione in relazione alle esigenze personali di Maurizio e a quelle della Scuderia. Da oggi Mattia Binotto assume il ruolo di Team Principal della Scuderia Ferrari. A Mattia continueranno a rispondere tutte le funzioni tecniche».
La figura di Binotto a capo della scuderia Ferrari è quella del predestinato: nei piani di Sergio Marchionne, scomparso la scorsa estate, Ferrari sarebbe dovuta finire proprio così. L’ex presidente del Cavallino Rampante aveva già deciso di puntare per il futuro su Binotto a capo della Gestione Sportiva. Fra loro c’era un filo diretto per le scelte tecniche e non solo. Marchionne si rivolgeva direttamente all’ingegnere di natali svizzeri, che aveva acquistato potere essendo fra i grandi artefici del rilancio della scuderia dopo il primo, fallimentare anno con i motori V6 ibridi. Suo il merito d’aver riportato la Rossa davanti alla Mercedes in termini di prestazioni in gare e in qualifica almeno per la prima parte della stagione che si è poi conclusa, però, con il trionfo delle Stelle d’Argento e del quattro volte campione del mondo Lewis Hamilton.
La nomina di Binotto arriva in un momento delicato per il gruppo guidato da Louis Camilleri, impegnato a realizzare il nuovo piano industriale e debole in Borsa dove le quotazioni sono lontane dai valori segnati nel corso dell’era Marchionne. Ieri il titolo è salito del 2,15% a 91,32 euro, complice il cambio di marcia atteso sul fronte della gestione sportiva. Ma nonostante il recente recupero si tratta pur sempre di valori distanti dai 120 euro segnati a fine settembre, poco prima della presentazione del piano industriale. Si tratta di quasi il 30% in meno. Le case d’affari sono comunque positive sulle prospettive della Rossa: circa il 48% degli analisti, secondo i dati Bloomberg, suggerisce di acquistare mentre poco meno del 35% di tenere in portafoglio le azioni. Il target price medio è di 130,56 dollari, ossia più o meno 115 euro.
Intanto, sempre nella galassia che fa capo alla famiglia Agnelli, è emerso ieri che la Corte Suprema americana non ha bloccato la class action che chiama in causa Fiat Chrysler Automobiles e le accuse che le sue Jeep e i suoi pickup truck possono essere hackerati. Nel 2015 i proprietari americani di tre vetture lanciarono una causa contro la divisione Usa dell’italo-americana Fca e contro Harman International Industries, controllata della sudcoreana Samsung Electronics che realizza i sistemi di infotainment in vari veicoli Fca a marchio Ram, Dodge, Jeep e Chrysler. La loro tesi - respinta dalle due aziende - è che quei sistemi possano essere hackerati compromettendo le funzioni dei veicoli e che i due gruppi sapevano di tali rischi da anni.