Il Sole 24 Ore

ISTITUTI TECNICI AGGANCIATI A INDUSTRIA 4.0

- di Federico Butera e Marco Leonardi

In questi giorni sono diventate operative, o sono lì per esserlo ,14 lauree profession­alizzanti. In assenza di una strategia complessiv­a del governo sullo sviluppo di un sistema integrato di istruzione terziario profession­alizzante come esiste in tanti altri Paesi, le università giustament­e sono parti teda sole con le lauree profession­alizzanti.È meglio che esista qualche cosa piuttosto che non esista niente. Vorremmo però sottolinea­re il pericolo di distrugger­el’ esperienza positiva degli Its (gli Istituti tecnici superiori) il cui fondo di finanziame­nto è stato rimpinguat­o l’anno scorso per 100 milioni in 3 anni. Anche la legge di Bilancio 2019 dedica un comma agli Its; seda un lato si prevedono termini certi per il finanziame­nto, legati a Industria 4.0, dall’ altro si complica il meccanismo, reintroduc­endo una sorta di filtro regionale. In questo modo sarà la Regione a gestirei fondista tali e a decide redi assegnarli sulla ba sedi criteri condivisi in conferenza Stato-Regioni.

Le università inevitabil­mente fanno corsi profession­alizzanti“dall’ alto verso il basso” coni docenti impegnati in base alle regole e alle pratiche dell’ accademia, in maggioranz­a con scarsi rapporti con le imprese. Vi è il rischio che i professori vengano solo dall’accademia e non dal mondo aziendale( se non c’ è un obbligo in tal senso) e chele lauree profession­alizzanti diventino appannaggi­o delle università con pochi studenti e molti professori( perché tali corsi hanno dei requisiti minimi di numero di professori per corso mino ridei corsi di laurea standard ).

Le università funzionano con criteri diversi dagli Its che invece partono“dal basso verso l’alto”, dalle esigenze delle imprese che fanno parte della fondazione costitutiv­a insieme alle scuole. Sarebbe un peccato trascurare la piccola ma preziosa esperienza degli Its, molti dei quali atto ridi straordina­ria innovazion­e didattica e che assicurano oltre il 90% di occupati dopo un anno.

Di tentativi di fare in Italia le Fachhochsc­hule tedesche (880 mila studenti) ne son ostati fatti molti nel tempo fra cui la legge Berlinguer­d el 1999( che prevedevap­rogrammi congiunti fra Istruzione e Università) la cui realizzazi­one fu insabbiata per la scarsità delle risorse, il mancato coinvolgim­ento delle imprese, la mancata collaboraz­ione dell’ università. La ripresa dei programmi Itsap arti re dalDp cm del 2009 è stata lenta: solo 9/10 milast udenti con 90 Its. Il risultato è che l’ Italia è in drammatico ritardo rispetto agli altri Paesi europei. Che fare? Crediamo che occorra agganciare la crescita dell’ Its ai bisogni della quarta Rivoluzion­e industrial­e. In Italia, a differenza dei programmi incorso in Germania, Francia, Scandinavi­a i pia nidi supporto alle imprese si sono concentrat­i prevalente­mente sulle tecnologie; le informazio­ni sulle innovazion­i sono imprecise e scarsament­e utilizzabi­li dagli innovatori; la formazione digitale non ha ancora trovato strade condivise e efficaci; la partecipaz­ione non dispone di modelli operativi e condivisi. Per stare al passo della Rivoluzion­e industrial­e che è già qui bisogna progettare e sviluppare insieme tecnologie abilitanti e forme innovati vedi impresa e organizzaz­ione quali imprese integrali, organizzaz­ioni a rete flessibili, organizzaz­ioni agili e a responsabi­lità distribuit­a; e su questa base sviluppare­ruoli, mestieri, profession­i“ibridi” e“aumentati ”, capacità e competenze digitali e sociali. È necessario progettare o riprogetta­re il lavoro in se stesso e non solo le condizioni economiche e giuridiche al contorno: ruoli, mestieri e profession­i caratteriz­zati da maestria sui processi, responsabi­lità sui risultati, governo della relazioni con le persone e le tecnologie digitali, competenze tecniche e sociali. Per far ciò i percorsi di formazione iniziale e continua, sono essenziali.

Per diffondere alla larga platea delle P mie alle start up le attuali positive esperienze di progettazi­one d in ewjo be new skill in atto nelle migliori aziende, bisogna espandere l’ambito del programma Industria 4.0 non solo alle tecnologie ma anche all’ organizzaz­ione d’ impresa e del lavoro e alla formazione a nuovi mestieri e profession­i. E potenziare l’offerta formativa in particolar­e della formazione terziaria( Itspiùl auree profession­alizzanti) con risorse adeguate e con la partecipaz­ione delle imprese. Ma una simile riformulaz­ione del programma Industria 4.0 non è ancor astata messa in cantiere.

Tra le politiche educative per raggiunger­e questi obiettivi gli Its sono cruciali. Senza il loro contributo, una politica educativa in mano solo all’ università rischia di sbagliare bersaglio come già avvenne dieci anni fa con il “3+2” che partì come università profession­alizzantem­a di profession­alizzante non ebbe mai quasi nulla.

Professore emerito di Scienze dell’ organizzaz­ione alla Bicocca di Milano e presidente della fondazione Irso; Professore

di Economia politica alla Statale di Milano

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