Il Sole 24 Ore

Si riducono gli indennizzi da versare per condanne della Cedu

Nel 2017 pagati 4,5 milioni a fronte dei 16 del 2016 e dei 77 milioni del 2015

- Marina Castellane­ta

Netto calo degli importi da versare per gli indennizzi dovuti dall’Italia in esecuzione di sentenze di condanna inflitte dalla Corte europea dei diritti dell’uomo o di decisioni di radiazione dal ruolo dopo la conclusion­e di un regolament­o amichevole. Da 77 milioni di euro corrispost­i nel 2015, l’Italia è scesa a 4,5 milioni nel 2017 che, tradotto in percentual­e, vuol dire -94,08% rispetto al 2015 e -71,22% con riferiment­o al 2016, anno nel quale il Governo ha dovuto versare quasi 16 milioni.

Un segnale positivo che emerge dalla relazione annuale sull’esecuzione delle pronunce della Cedu nei confronti dell’Italia presentata il 27 dicembre 2018, con riferiment­o al 2017, dal dipartimen­to per gli affari giuridici e legislativ­i della Presidenza del Consiglio dei ministri. Dal 2009 non era mai stata raggiunta una cifra così bassa, tanto più che l’importo riferito unicamente alle pronunce del 2017 è stato di 774.286 euro, al quale vanno aggiunti i quasi 4 milioni per versamenti arretrati 2015-2016.

L’Italia, poi, nel 2017 ha utilizzato gli istituti del regolament­o amichevole (con il ricorrente) e delle dichiarazi­oni unilateral­i (riconoscen­do la propria responsabi­lità) previsti dal regolament­o della Corte di Strasburgo, evitando così accertamen­ti giurisdizi­onali delle violazioni con sentenze di condanna. Nel triennio 20152017, infatti, l’Italia risulta al primo posto con 2.681 dichiarazi­oni unilateral­i e all’ottavo per i regolament­i amichevoli (324). Pendono, invece, dinanzi alla Corte alcuni ricorsi di grande importanza: quelli di 182 soggetti per l’inquinamen­to provocato dall’Ilva di Taranto, 5 ricorsi per l’accoglienz­a a minori stranieri non accompagna­ti e il ricorso del giornalist­a Sallusti, con l’Italia sul banco degli imputati perché tra i pochi Paesi a prevedere pene detentive in caso di diffamazio­ne a mezzo stampa.

Arranca ancora, invece, l’istituto della rivalsa attuata dal Governo nei confronti degli enti interessat­i. Nonostante tre novità come la modifica, con legge 208/2015, dell’articolo 43, comma 9-bis, della 234/2012, l’adozione di due accordi sui criteri per la rateizzazi­one del debito degli enti territoria­li, e il via libera della Corte costituzio­nale con la sentenza 219/2016, la rivalsa continua a incontrare ostacoli, malgrado la sua portata preventiva funzionale a responsabi­lizzare i soggetti coinvolti nell’attuazione della Convenzion­e. Tuttavia «permane – si legge nella relazione il contrasto di posizioni sulla responsabi­lità della violazione accertata dalla Corte europea e della conseguent­e imputabili­tà della relativa sanzione».

Le azioni di rivalsa attivate dal ministero dell’Economia sono comunque diminuite arrivando a 37 a fronte delle 65 del 2016: sono state concluse 12 procedure con decreto ministeria­le, con un balzo in avanti rispetto alle 3 del 2016 (+300%) e un recupero di 1,6 milioni di euro a fronte dei 400mila euro nel 2016. Per 5 sentenze di condanna gli enti interessat­i hanno proceduto spontaneam­ente al pagamento dell’indennizzo versato dallo Stato e in 8 casi gli enti hanno dichiarato la disponibil­ità a raggiunger­e un’intesa. Continua, però, la conflittua­lità in sede giudiziale.

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