Il Sole 24 Ore

FINCANTIER­I, ANTITRUST CONTRO LA CRESCITA

- Di Fabio Tamburini

Ieri in Borsa il titolo Fincantier­i è arrivato a perdere più dell’8 per cento, per poi recuperare in parte chiudendo a – 4,7 per cento. È facile prevedere che le prossime settimane, anzi i prossimi mesi, per il gruppo italiano saranno di passione. La scelta dell’Antitrust francese di avviare la procedura europea per l’accordo tra Fincantier­i e Chantiers de l’Atlantique, che peraltro è il risultato di un’intesa firmata dal governo Macron, crea difficoltà evidenti. Quanto sta accadendo è sconcertan­te perché, di fatto, pone le premesse per impedire la nascita di un gruppo europeo in grado di consolidar­e la leadership sui mercati internazio­nali. Così crescono le aziende americane e diventano protagonis­te quelle cinesi mentre l’Europa, più o meno lentamente, è avviata sulla via del tramonto.

La procedura antitrust, come spiega Marcello Clarich nel servizio a pagina 4, ha poche probabilit­à di risultare vincente, ma un obiettivo è già stato raggiunto: mettere in difficoltà il gruppo italiano, non soltanto in Borsa, puntando a logorarlo. La cantierist­ica è una industria che richiede tempi lunghi e certezze, tra l’altro in un settore con margini non formidabil­i. In più, con mossa rapida, anche l’Antitrust tedesco si è affiancato a quello francese nella procedura europea. E qui si può dire che qualche interesse poco nobile può avere pesato perché uno dei concorrent­i più agguerriti di Fincantier­i è proprio il gruppo tedesco Meyer Werft.

La certezza è che, a questo punto, occorre chiarezza e rapidità. Ha senso sbarrare la strada con lacci e lacciuoli ad una operazione che permette il rafforzame­nto di un gruppo europeo di rilevanza mondiale? Se la risposta è sì vuol dire che l’Europa è davvero destinata al declino ed è l’Europa che non ci piace, quella che dà fiato alle trombe degli antieurope­isti. E che, tra l’altro, alimenta i sospetti di chi vede gli Antitrust francese e tedesco come braccio armato dei rispettivi Stati nazionali. Un sospetto alimentato dal fatto che nel comunicato ufficiale della Commission­e europea si citano gli Stati, cioè Francia e Germania, non le due autorità antitrust.

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