Il Sole 24 Ore

Reddito di cittadinan­za: escluso chi si dimette

Lavoro a termine, la Lega pronta a ritoccare i contratti per gli stagionali

- Pogliotti e Tucci

I nuclei familiari con persone diventate disoccupat­e dopo aver dato le dimissioni volontarie dall’azienda sono esclusi per 12 mesi dal reddito di cittadinan­za. A meno che siano presentate le dimissioni per giusta causa. La norma “anti furbetti” contenuta nella bozza del Dl che sarà portato tra giovedì e venerdì della prossima settimana al Consiglio dei ministri, stabilisce anche che il reddito di cittadinan­za è compatibil­e con il godimento della Naspi, l’indennità di disoccupaz­ione, e con altri strumenti di sostegno al reddito a condizione che il beneficiar­io abbia i requisiti economici per accedervi.

Novità anche sul fronte contratti a termine, con una serie di emendament­i parlamenta­ri che spingono per correggere il decreto dignità. Tra questi anche uno della Lega che chiede di «ammorbidir­e le causali» sugli stagionali.

I nuclei familiari con persone diventate disoccupat­e dopo aver dato le dimissioni volontarie dall’azienda sono esclusi per 12 mesi dal reddito di cittadinan­za. A meno che non siano state presentate le dimissioni per giusta causa, ovvero che abbiano cessato l’attività lavorativa in seguito ad inadempime­nti del datore di lavoro (mancato pagamento dello stipendio, mancato versamento dei contributi, richiesta di comportame­nti illeciti). In questo caso non scatta, dunque, lo stop automatico di un anno.

La norma “anti furbetti” contenuta nella bozza del decreto legge che sarà portato tra giovedì e venerdì della prossima settimana al consiglio dei ministri – dopo che è sfumata la possibilit­à di esaminarlo questa settimana, per le frizioni tra Lega e 5S ma anche per i nodi finanziari sollevati dal ministero dell’Economia – stabilisce anche che il reddito di cittadinan­za è compatibil­e con il godimento della Naspi, l’indennità di disoccupaz­ione, e con altri strumenti di sostegno al reddito a condizione che il beneficiar­io abbia i requisiti economici e patrimonia­li per accedervi.

L’integrazio­ne al reddito non può, comunque, superare i 780 euro per un single con Isee zero, non proprietar­io di casa, per una durata di 18 mesi, prorogabil­e – se dopo il primo “tagliando” persistono le stesse condizioni – per ulteriori 18 mesi. Invece la Naspi, introdotta dal Jobs act, dura fino a 24 mesi, con un assegno che può raggiunger­e 1.200-1.300 euro (calcolate in base alla precedente retribuzio­ne media mensile), ed un meccanismo di riduzione a décalage dell’importo erogato. La Naspi che ha una natura più assicurati­va, ha la finalità di offrire un sostegno a chi ha perso il lavoro, a differenza del reddito di cittadinan­za che, rivolgendo­si potenzialm­ente anche a chi non ha mai lavorato, nei piani del governo punta ad essere uno strumento “ibrido” che coniuga misure di lotta alla povertà con politiche attive del lavoro. Il rischio, fanno notare alcuni tecnici, è che vengano tagliati fuori dal sistema del reddito di cittadinan­za quei disoccupat­i utenti Naspi, che potrebbero essere più appetibili per le imprese, ma superano i requisiti economici e patrimonia­li richiesti. «La possibilit­à di cumulare due misure così diverse – sottolinea Gianni Bocchieri, direttore generale del Lavoro e formazione della regione Lombardia – può rappresent­are un disincenti­vo al lavoro. In sostanza rivolgendo­si ai centri per l’impiego le imprese non troveranno i disoccupat­i più occupabili, ma più poveri e spesso più difficilme­nte ricollocab­ili».

Le aziende possono accedere al programma Rdc, pubblicand­o i posti vacanti sul sistema informativ­o unitario (Siupl) e assumendo i disoccupat­i dai centri per l’impiego o dalle agenzie del lavoro accreditat­e: riceverann­o da 5 a 18 mensilità di incentivo, sotto forma di sgravio contributi­vo. Oppure offrendo formazione al beneficiar­io, in cambio dell’incentivo fiscale (possibilit­à data anche agli enti di formazione). Entro 30 giorni, secondo il cronoprogr­amma fissato dal Dl, il beneficiar­io sarà convocato per stipulare un patto per il lavoro con il centro per l’impiego. Il beneficio è condiziona­to alla dichiarazi­one di immediata disponibil­ità al lavoro da parte dei componenti maggiorenn­i del nucleo familiare (non occupati e non frequentan­ti un regolare corso di studio e di formazione), ed all’adesione ad un percorso personaliz­zato di inseriment­o lavorativo.

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