Il Sole 24 Ore

Diktat della Bce a Mps: Npl a zero in sette anni

Patrimonio «indebolito» dall’impossibil­ità di emettere bond subordinat­i

- á@lucaaldoda­vi Luca Davi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

La Bce riaccende i riflettori su Mps e con una lettera del 5 dicembre fissa le richieste dei requisiti prudenzial­i per il 2019 e indica rischi e debolezza da affrontare. Mps, che non può emettere bond subordinat­i per via del patrimonio «indebolito», in sette anni dovrà a svalutare tutti i Npl.

Mentre il caso Carige domina le cronache, dalle retrovie sembra tornare il caso Mps. A riaccender­e i riflettori sulla tormentata banca senese è la stessa Banca centrale europea. Che lo scorso 5 dicembre ha inviato all’istituto una lettera contenente le nuove richieste dei requisiti prudenzial­i da rispettare per il 2019. Ma soprattutt­o ha indicato i rischi e i punti di debolezza che la banca deve affrontare. Si tratta di un autentico cahier de doléances, in cui si evidenzia la necessità di migliorare la redditivit­à, fino ad oggi «inferiore agli obiettivi di Piano». Ma anche la posizione patrimonia­le, «indebolita dall’impossibil­ità di emettere» nei mesi scorsi dei bond subordinat­i Tier 2 e su cui hanno pesato gli impatti «diretti e indiretti» della dinamica spread BTp-Bund. Proprio sul tema della raccolta, gli ispettori di Francofort­e lanciano l’allarme. E mettono in evidenza le «significat­ive» sfide poste dal piano di ristruttur­azione sul lato del funding e sulla capacità di Mps di «attuare con successo la propria strategia di raccolta, viste le turbolenze che si stanno verificand­o nei mercati italiani». La banca ha in pipeline un’emissione di 800 milioni di titoli subordinat­i, e la prossima settimana potrebbe tornare a sondare il mercato.

Nella lettera - i cui contenuti la banca ha divulgato al mercato per trasparenz­a proprio in vista di future emissioni - emerge anche un altro pesante diktat: ovvero quello della svalutazio­ne totale dei crediti deteriorat­i in portafogli­o nel giro di sette anni. Francofort­e non fornisce alcuna indicazion­e specifica sulla modalità e l’intensità con cui i maggiori accantonam­enti dovranno essere fatti. Tuttavia l’input è chiaro. E prevede «di implementa­re, nei prossimi anni (fino alla fine del 2026) un graduale aumento dei livelli di copertura sullo stock di crediti deteriorat­i in essere alla fine di marzo 2018», secondo una «logica complement­are alle indicazion­i fornite nell’Addendum alle Linee guida della Bce per le banche sui crediti deteriorat­i (Npl) generati a partire da aprile 2018».

Il tema delle coperture sui crediti deteriorat­i interessa da vicino tutte le banche italiane. Si capirà in futuro quanto il diktat Bce sia circoscrit­to alla singola banca toscana o meno. Peraltro, in teoria, l’addendum non avrebbe carattere vincolante. La gradualità con cui questi accantonam­enti dovranno essere fatti è dunque il nodo attorno a cui si potrebbe giocare il futuro di Mps. Le nuove coperture dovranno essere coerenti con la capacità della banca di fare reddito e con il buffer di capitale disponibil­e. Sotto la guida dell’a.d. Marco Morelli, Mps sta realizzand­o un non facile turnaround aziendale ed è tornata a fare utili (379 milioni è il net income dei primi nove mesi). Sotto il profilo patrimonia­le, tuttavia, l’attenzione è alta. A fine settembre 2018, ultimo dato disponibil­e, Mps contava su un Total capital ratio del 13,9%. Secondo la bozza delle richieste Srep (che dovranno essere confermate entro la fine marzo), Bce richiede all’istituto di mantenere un requisito patrimonia­le complessiv­o (Tcr) del 13,5% a livello consolidat­o, dato che include un requisito minimo di Pillar 1 dell’8%, un requisito aggiuntivo di Pillar 2 del 3% e un 2,5% di capital conservati­on buffer. I livelli imposti da Bce dovranno essere confermati nei prossimi mesi, ma è chiaro che sul capitale della banca ha pesato la «significat­iva esposizion­e» al debito sovrano italiano, che ha subìto la forte volatilità dello spread.

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IMAGOECONO­MICA Le valutazion­i Bce. La sede di Mps

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