L’industria frena gli investimenti
La frenata dell’1,6% porta a -2,6% la flessione su base annua In terreno negativo i comparti auto (-19% sul 2017) e macchine utensili Il calo va ben oltre le attese e suona come un campanello d’allarme Male industria del legno (-10,4%) e della gomma-plas
I dati Istat.
L’analisi.
L’auto, ma non solo. La frenata del manifatturiero italiano trascina verso il basso l’indice della produzione industriale italiana, che a novembre, secondo l’Istat, si riduce dell’1,6% rispetto alle rilevazioni del mese precedente. È un calo che va ben oltre le attese e che suona come un campanello d’allarme se ci si guarda alle spalle (ottobre e settembre già anticipavano tutte le difficoltà, con indici rispettivamente del -0,2% e del +0,1%, poi corretto a -0,1%), ma a maggior ragione se si rivolge lo sguardo in avanti, con la frenata dell’Eurozona e della Germania che da qualche settimana sta preoccupando le imprese italiane.
Su base annua e tenendo conto del calendario la frenata nel mese di novembre è stata del 2,6 per cento. Si tratta del calo maggiore registrato da ottobre 2014. La frenata più evidente, tra i settori, è quella dei mezzi di trasporto, il settore che più degli altri aveva tirato nell’ultimo periodo, con un rallentamento del 4,3 per cento. Male anche meccanica e macchinari, il comparto che più ha beneficiato degli investimenti nel 2017 indotto dal piano Industria 4.0: il calo a novembre è del 2,2 per cento. Già a ottobre era comunque emersa la difficoltà di questi due settori chiave (-14% per l’auto, un magro +1,6% per le macchine utensili). I cali maggiori, nell’ultimo mese rilevato, sono però quelli dell’industria del legno (-10,4%), della gomma-plastica (-6,7 per cento), degli apparecchi elettrici (-5,1 per cento) e della chimica (la frenata è del 4,5 per cento). Soffre anche la metallurgia (-2,3%), mentre si salvano alimentari e farmaceutica, unici settori in controtendenza, con un aumento su base annua rispettivamente del 2,7% e dell’1,3 per cento.
Per l’Istat la tendenza negativa potrebbe risultare amplificata da un effetto «ponte» connesso con il posizionamento nel calendario della festività del primo novembre. La flessione è comunque confermata in termini congiunturali anche su base trimestrale, un segnale, che, spiega l’Istat, disegna «un quadro di complessiva debolezza dei livelli di attività industriale nel corso del 2018».
Secondo i dati dell’istituto di statistica, l’indice corretto per gli effetti di calendario ha registrato un calo del 19,4% su base annua e dell’8,6% rispetto a ottobre 2018, quando era già stato registrato un calo tendenziale del 14 per cento. Nella media degli undici mesi dell’anno scorso la produzione è diminuita del 5,1 per cento.
Il bilancio sulla distanza dell’intero anno segnala che i margini si assottigliano mese dopo mese: dall’inizio dell’anno la produzione mantiene una crescita limitata all’1,2%, esattamente un terzo rispetto alla performance realizzata dalla manifattura italiana nel 2017. Il passo di rallentamento è evidente soprattutto scorrendo i valori trimestrali. La suddivisione evidenzia come l’anno si sia aperto con un buon tendenziale (+3,4% da gennaio e marzo) per poi scendere, nella seconda frazione a un +1,9% tra aprile e giugno; da luglio a ottobre si è entrati per la prima volta in negativo (-0,1%). Ora si aspetta dicembre per tirare le somme, ma i presupposti non sono incoraggianti.
In termini congiunturali il calo è invece sempre presente in ciascun trimestre, e confermato anche nel periodo settembre-novembre. Il risultato è che ’indice della manifattura scende a quota 105,1: per trovare un livello più basso bisogna tornare al maggio di due anni fa.
Anche se la dimensione del calo di novembre è stata forse superiore alle attese i segnali degli ultimi mesi in arrivo dall’Europa vanno tutti nella stessa direzione, indicando una frenata sia in termini di produzione effettiva che prospettica, sulla base degli ordini acquisiti e degli indici di fiducia registrati.Due trimestri consecutivi di contrazione equivalgono per gli analisti alla cosiddetta «recessione tecnica».
A novembre il dato della produzione industriale tedesca (-4,7% su base annua, il peggior risultato dal 2009), rende concreto per la prima economia continentale il rischio di finire in recessione tecnica (due trimestri consecutivi in calo congiunturale per il prodotto interno lordo), per effetto in particolare del brusco arretramento della produzione di auto, crollata in Germania del 20% nell’ultimo bimestre del 2018. In Germania il calo della produzione è stato dell’1,9% su base mensile, in Francia dell’1,3% ed anche la Spagna ha registrato una diminuzione dell'1,5 per cento. Poco migliori i dati in arrivo dalla Gran Bretagna, dove la produzione è scesa dello 0,4 per cento. Nel terzo trimestre del 2018 l’Italia ha registrato un Pil negativo dello 0,1% e la Germania dello 0,2 per cento.