LA PRESSIONE SULLA BCE E I DUE ERRORI DA EVITARE
Nel 2019 la Bce sarà sottoposta a una crescente pressione per attuare una politica monetaria anticiclica. Per evitare che tale pressione produca risultati negativi, occorrerà che tutti gli attori in campo – mercati, famiglie e imprese, banche, ma anche la politica – abbiano consapevolezza che ci sono due errori da evitare: sopravvalutare l’efficacia della politica monetaria; e sottovalutare i vantaggi delle regole monetarie, che finora hanno differenziato la politica monetaria europea da quella americana. Ed anche la Bce deve contribuire a evitare di cadere in tali errori.
Tutte le previsioni sul 2019 concordano su un punto: ci sarà un aumento dell’incertezza. L’incertezza potrà essere alimentata da diversi potenziali focolai: le politiche del Presidente Usa Donald Trump, le scelte del Presidente cinese Xi Jinping per fronteggiare il rallentamento economico, la scenario della Ue elezioni, Brexit e Italia, le incognite che più di una economia emergente può nascondere, solo per ricordare le sorgenti di incertezza più citate.
Dal punto di vista macroeconomico l’incertezza è una pericolosa tossina, perché può inceppare il regolare funzionamento di più di un organo. Partiamo dal presupposto che in generale tutti gli operatori hanno una avversione all’incertezza più o meno accentuata, visto che l’unica incertezza che tutti gli umani sembrano gradire è quella sulla data della loro morte. Se aumenta l’incertezza ci possono essere effetti negativi sulla dinamica sia dell’offerta che della domanda aggregata. Le imprese possono considerare l’incertezza un fattore di costo, per cui il suo aumento tende a ridurre la produzione e gli investimenti, nonché a innalzare i costi; le famiglie possono essere frenate nelle loro scelte di consumo e distorte in quelle di risparmio. Quindi nel 2019 aumenterà la domanda per politiche anticicliche, che fronteggino gli effetti negativi dell’incertezza.
Cosa si chiederà allora alla politica monetaria, in Europa ma non solo? In tempi normali, i due grandi obiettivi macroeconomici nelle economie avanzate sono la crescita economica e l’inflazione. Ma oggi dell’inflazione non sembra interessare nulla a nessuno; allo stesso modo, non sembrano interessare i rischi che l’eccesso di debito - privato o pubblico – provoca. La ragione è semplice: tra gli operatori economici possono prevalere due fenomeni: memoria corta e orizzonte breve. Tre caratteristiche che sono molto più probabili in due categorie molto importanti per l’economia - i mercati finanziari e i politici - che per loro natura possono avere sia la tendenza che la convenienza a essere smemorati e/o miopi. Quindi alla politica monetaria sarà chiesto di avere un approccio anticiclico. Il tipo di atteggiamento da adottare dipenderà dalle contrapposte convinzioni: le colombe chiederanno un rallentamento della normalizzazione, i falchi una accelerazione.
Entrambe le posizioni estreme sono errate, in quanto dimenticano due lezioni che - soprattutto nell’ultimo decennio - abbiamo imparato. La prima lezione è che l’efficacia della politica monetaria è assai più limitata di quella che comunemente si pensa. La politica monetaria non ha effetti diretti e immediati sulle variabili che non controlla. La banca centrale non controlla la crescita economica, né l’occupazione, né i prezzi, né le scelte finanziarie di banche e imprese. Da questo punto di vista, anche le banche centrali dovrebbero essere più caute ad attribuirsi i meriti delle riprese economiche, senza aspettare le fasi negative - o incerte - del ciclo economico per ricordare limiti e vincoli della politica monetaria.
La banca centrale può provare a influenzare i tassi di interesse e le aspettative. Da questo scaturisce la seconda lezione: la politica monetaria può dare un contributo indiretto alla crescita economica riducendo l’incertezza con un comportamento il più possibile stabile. Quindi è necessario adottare delle regole monetarie, ma flessibili. Occorre indicare obiettivi e strumenti, nonché la loro relazione, in modo da chiarire il più possibile qual è la strategia di lungo periodo, ma anche la tattica di breve periodo, quando gli shock macroeconomici colpiscono. Essere trasparenti e responsabili rispetto a una regola monetaria aumenta la capacità delle banche centrali di resistere alle pressioni a essere smemorati e miopi, che possono arrivare dai mercati finanziari e dai politici. È compito dei banchieri centrali ricordare che - tra le invenzioni dell’uomo - la moneta è probabilmente seconda solo alla plastica nella sua potenziale tossicità, in quando produce danni che - nell’immediato e a livello micro - sono difficilmente percepibili.
Vero è che le regole monetarie flessibili non piacciono alle colombe - che vorrebbero la piena discrezionalità come non piacciono ai falchi, contrari alla flessibilità. Ma questo non è un difetto, anzi.