Rischio recessione nel 4° trimestre I centri ricerca: Pil 2019 a 0,5%
Pesano due debolezze: la domanda estera che rallenta e tocca tutti i Paesi e quella interna che soffre per le prolungate incertezze politiche
La frenata.
I segni premonitori c’erano tutti eppure gli economisti non si aspettavano una gelata di questa entità. La caduta della produzione industriale italiana nel mese di novembre (meno 1,6% mensile e meno 2,6% se si fa il calcolo sui dodici mesi) sorprende soprattutto per la sua intensità. «Noi avevamo previsto un rallentamento, spiega Stefania Tomasini di Prometeia. Non a caso, già alla fine di dicembre avevamo abbassato di molto le nostre stime sulla crescita del 2019 portando l’aumento stimato del Pil a +0,5 per cento. Per la produzione industriale di novembre pensavamo a una riduzione dello 0,6 per cento. Purtroppo - aggiunge- la frenata è stata molto più forte. Va detto, del resto, che il nostro Paese è molto integrato con gli altri partner europei e, dopo il blocco della produzione industriale in Germania, gli scioperi in Francia e il dato negativo della Spagna, la frenata era in una certa misura inevitabile».
Aspettiamo a drammatizzare, fa capire su Twitter Gregorio De Felice, capo economista di Intesa-San Paolo. Ci sono anche dei fattori tecnici una tantum dietro questo scivolone così forte: le condizioni del tempo non favorevoli e il lungo week end d’inizio mese. E poi, la produzione potrebbe anche far registrare un rimbalzo a dicembre.
Sta di fatto, però, che secondo molti economisti per il quarto trimestre del 2018 è ora assai probabile che il Pil faccia registrare un meno 0,1 per cento. È quanto stima ad esempio il Cer (Centro Europa Ricerche). Osserva l’economista Stefano Fantacone: «Con ogni probabilità l’ultimo scorcio del 2018 avrà per la seconda volta un segno meno. Noi riteniamo che l’effetto di trascinamento statistico di questo ingresso in recessione tecnica sarà pari a un meno 0,1 per cento. Insomma, l’economia italiana arriva già con un piccolo handicap nel 2019. Per questo sarà necessario rivedere verso il basso le stime. Il Cer prevedeva un aumento del Pil pari allo 0,7 per cento, ma con gli ultimi dato lo scenario più probabile è una crescita dello 0,5-0,6 per cento. Un dato comunque assai lontano dall’aumento del Pil dell’uno per cento per cento, che è il target del governo».
Cosa spiega una contrazione della produzione così severa in Italia? Il fatto che dietro la caduta, particolarmente intensa per i beni intermedi vi sia una combinazione di due diverse debolezze: quella della domanda estera (dovuta ai venti di recessione globali) e quella della domanda interna, come spiega Loredana Federico, capo economista per l’Italia di Unicredit. In particolare, la debolezza degli investimenti si era già manifestata nel terzo trimestre del 2018. È vero che non si tratta di una questione solo italiana, ammette l’economista Sergio De Nardis, ma tutta italiana è quella debolezza della domanda interna che ha sofferto per le prolungate incertezze politiche degli ultimi mesi. «Incertezze commenta - di cui si sarebbe fatto volentieri a meno».
Il rischio, insomma, è quello di tornare verso una nuova recessione - la terza in otto anni - con un livello della produzione ancora al di sotto del 20,2 per cento rispetto ai livelli pre-crisi del 2007, come segnala il centro studi Promotor. Lo stesso Istat, nella sua nota congiunturale mensile, avverte che l’attuale fase di debolezza del ciclo economico italiano, alla luce della nuova flessione dell’indicatore anticipatore, potrebbe proseguire anche nei prossimi mesi.
Intanto, l’incertezza generata dalla politica sembra essere la cifra anche del rallentamento ciclico globale. Spiega Fedele De Novellis, economista di Ref-Ricerche: «La politica di Trump e i continui annunci di barriere tariffarie determinano una frenata degli investimenti da parte delle imprese multinazionali, che devono decidere dove localizzare i propri investimenti. Inoltre, gli europei subiscono la concorrenza di quei paesi emergenti che hanno già fatto forti svalutazioni».
Non è un mondo facile, insomma, quello nel quale la cooperazione internjazionale sembra precipitata al minimo storico. Non resta che sperare in una Bce giudiziosa e in grado di mantenere a lungo l’intonazione espansiva della politica monetaria.
LA STIMA PER LA FINE DEL 2018 Secondo molti economisti per il quarto trimestre 2018 è probabile che il Pil faccia regsitrare un -0,1% creando subito un handicap per le previsioni 2019