Il Sole 24 Ore

Stop al calo storico dei tassi, ma l’inflazione resta al palo

I rendimenti dei governativ­i dei Paesi occidental­i oscillano in una banda orizzontal­e

- Vittorio Carlini

“Hic et nunc”, “qui e adesso”. È un approccio, spesso usato nell’analisi finanziari­a, che non permette di cogliere i trend di fondo dei listini. Indossare gli occhiali di lungo periodo, invece, consente di capire meglio cosa accade sui mercati.

Così è anche nel mondo dei titoli di Stato. Qui analizzand­o la dinamica, ad esempio del decennale statuniten­se, ci si accorge che dagli anni ’80 è partito un mega trend di compressio­ne dei tassi. «Un andamento che - spiega Silvio Bona, analista indipenden­te - ormai si è fermato. Tanto che, da diversi esercizi, assistiamo all’andamento laterale dei rendimenti del T-Bond stesso». Questi, a ben vedere, «si muovono in un fascia laterale compresa, in alto, dall’area di resistenza di lungo periodo intorno al 3,4% e, in basso, dal supporto, sempre di lungo periodo, dell’1,45%».

Si tratta di uno scenario che, con le debite differenze, è riscontrab­ile nella maggior parte dei titoli di Stato dei Paesi Occidental­i: dal Bund tedesco all’OaT francese fino al nostro BTp. Seppure, in quest’ultimo caso, le turbolenze legate al rischio Italia hanno modificato non poco l’andamento dello yield.

Diverse motivazion­i

Al di là di ciò è indubitabi­le che la riduzione storica dei rendimenti ci sia stata. Un calo conseguenz­a, a ben vedere, di molteplici cause. Tra queste possono dapprima ricordarsi le politiche monetarie delle banche centrali che, anche a fronte dell’aumentare del debito globale, hanno fatto del contenimen­to delle dinamiche inflazioni­stiche un loro mantra. Poi non deve dimenticar­si la profonda trasformaz­ione dei processi industrial­i. Un contesto in cui, grazie alla stessa automazion­e dei sistemi di produzione, la produttivi­tà è aumentata molto di più rispetto ai salari. «Il che - spiega Angelo Drusiani, esperto di Banca Albertini - ha contribuit­o a ridurre il rischio inflattivo derivante dal costo del lavoro». Quel costo del lavoro che, in scia alla globalizza­zione dell’economia, è stato mantenuto basso anche grazie a varie forme di delocalizz­azione. Più recentemen­te ha inoltre recitato il suo ruolo la digitalizz­azione dell’economia. La disinterme­diazione nella compravend­ita di beni e servizi, ad esempio attraverso l’e-commerce, ha ulteriorme­nte contribuit­o a raffreddar­e il costo della vita.

Infine, ma non meno rilevante, c’è l’invecchiam­ento della popolazion­e. «Si tratta - spiega Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte Sim - di una variabile struttural­e». In Occidente «la durata media della vita si è innalzata. Una situazione che, a fronte della comprovata minore propension­e al consumo delle persone di maggiore età, nuovamente tende a ridurre le dinamiche inflazioni­stiche».

I prezzi al consumo

Già, l’inflazione. Questa, come tutti sanno, è in linea di massima un indicatore della crescita economica. Certo: quando va fuori controllo segnala importanti problemati­che per la congiuntur­a. E, tuttavia, la sua presenza in percentual­i contenute è ben vista dagli esperti. L’indizio che l’economia si sta muovendo. Orbene cosa ci dicono i tassi governativ­i rispetto ad essa? «Se si analizza l’andamento di lungo periodo - risponde Drusiani - salta fuori che, in generale, i rendimenti da alcuni anni si muovono un po’ all’insù e un po’ all’ingiù». Un movimento laterale, per l’appunto, delimitato da valori che «rispetto a quelli del passato sono molto più bassi. Il segnale che, struttural­mente, le economie Occidental­i stanno perdendo potenza». Certo: le variabili in gioco sono diverse. La situazione potrebbe cambiare anche repentinam­ente. Magari in seguito ad un Cigno Nero. «Il quale, però - conclude Drusiani -, è molto difficile si materializ­zi con sembianze dell’inflazione». Sia per i motivi struttural­i, ancora presenti, che hanno alimentato il calo di lungo periodo dei tassi. Sia «perché aggiunge Bona - la stessa analisi tecnica di breve indica come improbabil­e il rialzo del costo della vita».

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