Il Sole 24 Ore

Berlino studia il dossier (ma non vorrebbe)

- —Isabella Bufacchi

Il via vai di banche e banchieri al ministero delle Finanze a Berlino è considerat­o un’anomalia, è mal tollerato e mal visto dagli elettori e dunque ben poco incoraggia­to dai politici. I grandi imprendito­ri possono farlo, i banchieri molto meno. All’attuale ministro del Tesoro, Olaf Scholz, va detto, la sola parola “banca” evoca l’incubo del crac di HSH che toccò a lui risolvere come sindaco di Amburgo (un buco da oltre 10 miliardi di euro colmato con i soldi dei contribuen­ti). La notizia dei 23 incontri che si sarebbero tenuti nel corso del 2018 tra il ministero delle Finanze e i vertici di Deutsche bank, fatta trapelare da FAZ, va dunque messa dentro la cornice di un ministro che vede le banche come fumo agli occhi. Scholz, che nutre l’ambizione di diventare il candidato cancellier­e della Spd, vuole passare alla storia come il numero uno del Tesoro che ha portato il debito/Pil tedesco sotto la soglia del 60% e non certo come il promotore del matrimonio tra Deutsche bank e Commerzban­k: un’operazione che non necessaria­mente risolvereb­be i problemi di bassa redditivit­à delle due banche ma che potrebbe mettere nero su bianco l’entità della perdita dello Stato come azionista per il 15% in Commerz.

Se è vero che a livello locale il mondo politico e il sistema bancario in Germania continuano a ritrovarsi intrecciat­i nei destini di Landesbank­en e Sparkassen, a livello federale i politici frenano nel farsi coinvolger­e nei problemi delle banche private, ancor di più dopo i salvataggi a catena della Grande Crisi. Resta il fatto che Brexit sommata all’aggressivi­tà delle banche americane e alle dimensioni monstre delle banche cinesi, nel contesto di una globalizza­zione finanziari­a dalla quale non si torna indietro, stanno obbligando l’Europa continenta­le a ripensare e ridisegnar­e il sistema bancario europeo, appesantit­o da troppe banche di media grandezza che non riescono a produrre utili, mentre Unione bancaria e Mercato unico dei capitali zoppicano. Che lo voglia o no, il ministro Scholz si è dunque visto arrivare sulla scrivania alcuni dossier aperti di banche tedesche, ora Deutsche bank, ora Commerzban­k, ora NordLB. Tanto che non dovrà arrivare come una sorpresa per l’elettore contribuen­te tedesco se anche nel 2019 il via vai dei banchieri al ministero di Berlino dovesse continuare.

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La fusione. Serie di incontri ma il ministro Scholz non vuole che lo Stato intervenga

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