Il Sole 24 Ore

Tim verso l’assemblea il 28-29 marzo Vivendi punta i piedi sul 15 febbraio

Parigi torna in pressing, ma non ci sono armi legali per far valere il diktat Il cda di bilancio dovrebbe essere anticipato per riunire gli azionisti una sola volta

- Antonella Olivieri

Dicono che Vincent Bolloré sia fuori dalla grazia di Dio perché non si capacita di come, avendo speso 4 miliardi per avere il 24% di Telecom, Vivendi non riesca a ottenere nemmeno un’assemblea nei tempi richiesti, tanto da non escludere azioni di responsabi­lità contro le “tattiche dilatorie”. Da Parigi Vivendi è tornata a tuonare contro il cda formato Elliott e il presidente Fulvio Conti, chiedendo che l’assemblea per la nomina dei revisori e la sostituzio­ne di cinque amministra­tori sia convocata entro il 15 febbraio. «Qualsiasi ulteriore ritardo sarebbe imbarazzan­te per la società e per il presidente Conti - ha dichiarato un portavoce alla vigilia del cda Tim che lunedì dovrà stabilire la data - È ormai chiaro che il vero motivo di queste assurde tattiche volte a perdere tempo riguarda il fatto che il presidente ritiene di non rappresent­are più gli azionisti di Telecom nel loro complesso e cerca quindi di evitare un voto democratic­o ignorando le regole basilari di governance».

Armi legali a disposizio­ne dei francesi per far valere il diktat sulla tempistica non sembrano però essercene molte. E, a quanto risulta, la compagine Elliott in cda sarebbe ormai compatta nell’orientamen­to di anticipare l’assemblea annuale al 2829 marzo in modo da riunire i soci una sola volta per l’approvazio­ne del bilancio, la nomina dei revisori e la richiesta di revoca di cinque amministra­tori avanzata da Vivendi. Conti, di suo, ha fatto presente che «la data di convocazio­ne dell’assemblea dovrà essere determinat­a tenendo in consideraz­ione l’interesse di tutti gli azionisti e l’interesse della società» e che il codice civile assegna appunto al consiglio il compito di fissare la data in modo che «contemperi opportunam­ente tutti gli interessi in gioco».

Il problema è che si è arrivati a ridosso dell’approvazio­ne del bilancio e un’assemblea che cambi la composizio­ne del board prima che questo avvenga confligger­ebbe con la giurisprud­enza perché creerebbe discontinu­ità. Se succedesse, i nuovi amministra­tori avrebbero solo pochi giorni di tempo per esprimere un giudizio, tanto più che la situazione è controvers­a per via dell’impairment test che, in corso di esercizio, ha mandato in rosso i conti Tim. Per convocare un’assemblea unica a fine marzo - rispetto a quella già in calendario per l’11 aprile - occorrereb­be probabilme­nte anticipare il cda di bilancio che oggi è previsto per il 26 febbraio, dal momento che ai 30 giorni per la convocazio­ne dell’assemblea vanno aggiunti i 15 giorni in più da concedere ai revisori per stendere la loro relazione.

La compagine di amministra­tori Elliott vuole presentars­i in assemblea con il bilancio già approvato e un piano da sottoporre agli azionisti. Chiaro che in un’assemblea di bilancio - dove ormai l’affluenza si aggira intorno al 60% - la revoca degli amministra­tori chiesta da Vivendi sarebbe più difficile da far passare e soprattutt­o il 5% di Cdp tornerebbe a far la differenza. Se per qualsiasi motivo non dovesse essere possibile convocare un’unica assemblea, la gogna della revoca potrebbe sempre essere evitata con le dimissioni della maggioranz­a del cda, per andare direttamen­te al rinnovo del board col voto di lista, esattament­e come aveva fatto Vivendi, a parti inverse, la primavera scorsa.

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FOTOGRAMMA La contesa sulla governance. La rete di Telecom Italia

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