Huawei, arrestato in Polonia dirigente cinese
L’accusa è di spionaggio Il manager rischia dieci anni di carcere
fermo di Meng Wanzhou, figlia del fondatore di Huawei e arrestata in Canada a dicembre su richiesta delle autorità Usa con l’accusa di aver violato l’embargo contro l’Iran.
È difficile pensare che gli arresti in Polonia, Paese in strettissimi rapporti con gli Usa, non intensifichino le tensioni geopolitiche che hanno al centro una Huawei bollata negli Usa come “braccio” del Governo cinese. Un timore, questo, messo anche nero su bianco nel 2012 quando un report della commissione Intelligence del Congresso Usa chiedeva alle aziende di tlc americane di non utilizzare le apparecchiature fornite dalla società e da Zte.
La battaglia sul versante tech, con la costruzione da zero delle reti 5G sui cui nei prossimi anni si misurerà evidentemente il primato tecnologico dei Paesi a livello mondiale, ha sicuramente influito nell’esacerbare una contesa fra Stati Uniti e Cina andata avanti a colpi di dazi, arresti e controarresti. Con questa operazione in Polonia la palla si è ora spostata in Europa, dove il gigante cinese delle tlc – oltre 100 miliardi di dollari di ricavi a fine 2018, leader mondiale nelle reti e secondo produttore al mondo di smartphone, davanti ad Apple – si sta molto concentrando. Nel 2017, stando agli ultimi dati disponibili, oltre un quarto delle entrate di Huawei proveniva dall’area Emea. Le vendite nell’area stanno aumentando come l’attività, spinta peraltro dalla realizzazione delle reti 5G che sta entrando nel vivo. Anche nel Vecchio continente però qualche Paese inizia ad agitare dubbi che potrebbero ampliare l’elenco di chi ha deciso di fare a meno di Huawei per le reti 5G: Usa, Giappone, Australia, Nuova Zelanda. La Norvegia, per ultima, ha dichiarato di voler valutare l’esclusione di Huawei, come Uk o Repubblica Ceca. Il fronte europeo è ufficialmente aperto.