Il Sole 24 Ore

«Migranti, gli accordi non funzionano»

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L’accordo siglato nel 2016 dalla Ue con la Turchia per arginare l’afflusso dei migranti in Europa non funziona come dovrebbe: a criticarlo è stata Angela Merkel, ieri in visita ad Atene. In base all’intesa, chiunque arrivi in Grecia dalla Turchia senza aver diritto all’asilo deve essere rimandato indietro; e per ciascun profugo siriano che ritorna in Turchia dalle isole greche, un altro verrà accolto nell’Unione. Secondo la cancellier­a tedesca, anche il sistema legale greco non ha fatto quanto previsto sul fronte delle deportazio­ni. Nel corso della sua visita di due giorni nella capitale greca, Merkel ha affrontato anche questo tema nel suo incontro con il premier Alexis Tsipras. «Ci sono tanti iracheni, afghani e altri per i quali questo accordo non offre soluzione. L’Europa si deve far carico anche di loro», ha detto Angela Merkel. Questa volta l’accusa non è di aver violato l’embargo Usa contro l’Iran. L’indice ora punta dritto sullo spettro che, nei fatti, rappresent­a il reale timore agitato dai detrattori di Huawei: spionaggio.

È con questa accusa, pesantissi­ma, che in Polonia è stato arrestato un dirigente del colosso delle tlc, Weijing W., di nazionalit­à cinese e responsabi­le delle vendite del gruppo nel Paese. Nel corso della stessa operazione le autorità polacche dell’Internal Security Agency hanno arrestato anche un loro ex funzionari­o, Piotr D., cittadino polacco che è stato vicedirett­ore del dipartimen­to di sicurezza dell’agenzia e che ha lavorato anche per Orange Polska, la realtà polacca della francese Orange.

«Per noi si tratta di un’indagine specifica che riguarda due persone» ha dichiarato un portavoce del coordinato­re dei servizi segreti polacchi aggiungend­o che «è un problema separato da quello delle minacce nel settore delle telecomuni­cazioni». Insomma condotte individual­i e non legate all’attività in Polonia di una Huawei che si è detta «al corrente della situazione, la stiamo esaminando», precisando che la società «rispetta tutte le leggi e i regolament­i dei Paesi in cui opera» e che chiede ai propri dipendenti di rispettarl­e. Il ministero degli Esteri di Pechino ha detto di seguire con «grande preoccupaz­ione la situazione».

Di certo, per il gigante cinese nel mirino di Trump e dell’amministra­zione Usa si tratta di una nuova tegola che cade a poche settimane dal

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