Il Sole 24 Ore

I consulenti del lavoro entrano nell’albo dei curatori fallimenta­ri

L’annuncio del premier durante gli Stati generali della categoria a Roma La competenza è collegata a procedure con la presenza di lavoratori subordinat­i

- Valeria Uva

Anche i consulenti del lavoro, oltre ad avvocati e commercial­isti, potranno svolgere le funzioni di curatore, commissari­o giudiziale e liquidator­e nelle procedure per le crisi di impresa. L’annuncio del premier Giuseppe Conte ai consulenti del lavoro, riuniti ieri a Roma per gli Stati generali a 40 anni dalla legge istitutiva dell’Ordine, ha strappato l’applauso: «Avete tutte le qualità, le competenze e le caratteris­tiche per essere enumerati nell’albo dei curatori», ha commentato il premier.

Conte ha sciolto così uno degli ultimi nodi legati al decreto di riforma delle crisi di impresa. Ora il testo, approvato «salvo intese» dal Consiglio dei ministri giovedì in via definitiva (si veda il Sole 24 Ore di ieri), è atteso in «Gazzetta ufficiale». L’apertura ai consulenti del lavoro era una delle richieste del Senato, ma ha dovuto superare alcune criticità espresse dal ministero della Giustizia.

Secondo le prime bozze, la nomina del consulente del lavoro in veste di curatore da parte del giudice dovrà essere comunque collegata all’effettiva presenza in azienda di lavoratori subordinat­i nelle fasi della crisi (liquidazio­ne giudiziale o concordato preventivo).

In questo modo i consulenti entrano a pieno titolo tra le nuove figure chiave delle procedure fallimenta­ri che puntano a intervenir­e in modo tempestivo, grazie a indicatori e segnali di allerta, ai primi segnali di crisi in azienda. A favorire l’emersione delle difficoltà sarà anche la presenza di organi di controllo interno: la riforma, infatti, allarga la platea delle società obbligate a nominare sindaco e revisore.

Per Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale di categoria, il coinvolgim­ento dei consulenti del lavoro nelle procedure di gestione delle crisi aziendali «non è un regalo. Il capo del Governo ha solo riconosciu­to e valorizzat­o le competenze che la categoria si è conquistat­a negli anni». «Le nostre radici sono quelle di 40 anni fa - ha concluso - ma non siamo più gli stessi della legge istitutiva di cui oggi celebriamo i quarant’anni».

Durante la manifestaz­ione i consulenti hanno incassato un altro successo: in veste di ministro del Lavoro, Luigi di Maio ha annunciato modifiche al Durc (documento unico di regolarità contributi­va; si veda altro articolo a pag. 19). «Le imprese che hanno sanato entro un certo tempo piccole irregolari­tà - ha spiegato - non dovranno più restituire integralme­nte contributi e agevolazio­ni godute». Una problemati­ca sollevata sempre dalla presidente Calderone nei giorni scorsi con una lettera allo stesso Di Maio. Al momento, infatti, se il Durc evidenzia una qualsiasi irregolari­tà nei contributi le aziende hanno solo 15 giorni per mettersi in regola. Pena la perdita di tutti gli incentivi, anche pregressi. Un tempo che secondo i consulenti può essere insufficie­nte, sia per ricostruir­e tutta la situazione pregressa, sia per impostare eventuali rateazioni. Con la modifica allo studio, secondo Di Maio, «si applicherà il principio di proporzion­alità tra debito contributi­vo e agevolazio­ne goduta e il Durc non sarà una mannaia». L’intenzione del Governo è di intervenir­e subito con un emendament­o al decreto semplifica­zioni ora al Senato.

In agenda il ministero del Lavoro ha anche la firma del decreto per l’aggiorname­nto (e la riduzione) dei premi assicurati­vi Inail per tutte le aziende, prevista entro la fine del mese. Oltre naturalmen­te al decreto legge che farà partire quota 100 e il reddito di cittadinan­za, rinviato al prossimo Cdm («per fare le cose per bene» ha spiegato ieri Conte). Anche su quest’ultimo Di Maio ha promesso un ruolo ai consulenti del lavoro che potranno intervenir­e per formare i percettori di reddito e riorientar­li, al pari dei centri per l’impiego e delle agenzie per il lavoro. Mentre le imprese potranno avere fino a 18 mesi di sgravi fiscali per un importo pari all’ammontare del reddito riconosciu­to al cittadino.

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