Il Sole 24 Ore

Diamanti con garanzia d’amore al pianeta

La scelta di Tiffany. Ogni gemma avrà un numero di serie che ne attesta la provenienz­a e la sostenibil­ità. Il ceo Bogliolo: «Oggi il lusso è anche fiducia»

- Chiara Beghelli

Pe rimarchi il verbo“innovare” è all’ imperativo. Ed è sempre stato così. Nel 1940, per esempio, l’introduzio­ne del primo sistema centralizz­ato di condiziona­mento dell’aria in città rese il nuovo negozio di Tiffany & Co. al 727 di Fifth Avenue il più innovativo del suo genere. Oggi che l’aria condiziona­ta è patrimonio condiviso da tutti i grandi negozi del pianeta, e che i concorrent­i si sono moltiplica­ti, bisogna avere ancor più talento nel saper riconoscer­e il futuro: la sfida è innovare l’innovazion­e stessa. «Nell’oggi cammina già il domani», scrisse Coleridge. Nel presente dell’industria dei gioielli, per esempio, ci sono sempre più investimen­ti in sostenibil­ità, alla ricerca della perfetta eticità del processo produttivo, un aspetto che i clienti contempora­nei – Millennial in testa – consideran­o con attenzione. Nel report “The Hidden Cost of Jewelry” dello scorso febbraio, Human Rights Watch ha premiato proprio Tiffany come il brand più eticamente impegnato fra i 13 big del settore presi in esame. Quello, dunque, che è stato capace di rispondere meglio alla necessità di innovare.

Ma il marchio del blu «Pantone 1837», dall’anno della sua fondazione, è già andato oltre. Nello stesso palazzo di Tiffany su Fifth Avenue mercoledì scorso è stata battezzata la “Diamond Source Initiative”, un protocollo che sposta ancor più verso l’alto l’asticella dell’impegno etico per tutta l’industria dei gioielli: ogni diamante acquistato e registrato singolarme­nte da Tiffany avrà un numero di serie, inciso al laser e invisibile a occhio nudo, che racconta le sue origini. «Per conoscere un diamante finora bastavano le celebri “4 C”, cioè il colore, i carati, il taglio (cut) e la purezza(clarity). Con la Diamond Source noi aggiungiam­o una quinta C, country, il Paese dove è stato estratto – spiega Alessandro Bogliolo, ceo dell’azienda dall’ottobre 2017, al telefono dal quartier generale di Manhattan –. Oggi i clienti vogliono sapere anche da dove proviene una pietra, proprio come sta accadendo con i prodotti di altri settori come la moda e il food. La gioielleri­a si basa sulla lealtà e se investirem­o in questo i clienti ci premierann­o essendo leali con noi. Il lusso oggi è anche fiducia».

Così, entrando in una delle oltre 300 boutique Tiffanyn el mondo, innamorati­in cerca del solitario perfetto, donne che vogliono farsi un regalo( un segmento incostante crescita) e tutti coloro che desiderano una gemma, ma anche un futuro migliore per il pianeta, troveranno diamanti accompagna­ti da un certificat­o che ne racconta le origini.

Una sorta diblockc ha in suc artiglio, che supera anche le certificaz­ioni ufficiali dell’industria, come quella del Kimberley Process. «Il Kimberley Process è stato cruciale per affrontare il problema dei diamanti provenient­i da zone di conflitto, ma oggi le criticità legate all’industria sono molte di più:inquinamen­to, rispetto dei diritti umani, sfruttamen­to del lavoro minorile. Per questo credo che dopo 16 anni sia o radi rivederlo–notailceo–. Daparte nostra, nel 2020 porteremo ancora oltre DiamondSou­r ce: forniremo informazio­ni anche sui processi artigiana lidi taglio e lucidatura, che avvengono in laboratori controllat­i direttamen­te da noi, per garantire la massima trasparenz­a anche su queste fasi», prosegue Bogliolo. «E proprio per tutelare il lavoro delle mani, capaci di donare alle nostre pietre la loro peculiare brillantez­za, non useremo mai diamanti sintetici. Peraltro anche la loro produzione industrial­e esclude quella limitatezz­a che definisce il lusso. I diamanti naturali hanno miliardi di anni, sono miracoli della natura che brillano grazie alle mani degli uomini ». Valori che nessuna macchina sarà in grado di replicare o sostituire.

Proprio nel negozio di Fifth Avenue, però, i cartigli d’identità dei diamanti resteranno nelle teche ancora per poco. A primavera, infatti, inizierann­o i lavori che per tre anni chiuderann­o la porta di cristallo sotto il celebre Atlas Clock: «Non sarà un mero cambio di arredament­o - spiega il ceo -: migliorere­mo l’intera esperienza di acquisto, ampliando l’area di vendita per evitare le lunghe file all’ingresso. Vogliamo rispondere alle esigenze dei clienti di oggi, dunque punteremo sui servizi omnichanne­l, ma rispettand­o l’anima di questo palazzo iconico non solo per New York, ma per il mondo». L’aria condiziona­ta secondo il XXI secolo.

«Tiffany non userà mai pietre sintetiche: vogliamo tutelare il lavoro delle mani dei nostri artigiani»

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 ??  ?? Icone. A sinistra, l’ingresso del palazzo di Tiffany a New York. A lato, un solitario certificat­o Diamond Source con l’indicazion­e della sua origine. Sotto, Lady Gaga con la collana Tiffany con pietra certificat­a “Diamond Source” ai Golden Globes
Icone. A sinistra, l’ingresso del palazzo di Tiffany a New York. A lato, un solitario certificat­o Diamond Source con l’indicazion­e della sua origine. Sotto, Lady Gaga con la collana Tiffany con pietra certificat­a “Diamond Source” ai Golden Globes

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