Il Sole 24 Ore

Gli Stati uniti dalle donne

Una grande mostra al MIC di Faenza illustra, con reperti originali e mezzi multimedia­li, arte, cultura e società espresse dalle civiltà Azteca, Maya e Inca

- Antonio Aimi

Anche se da qualche tempo in Europa e negli Stati Uniti le esposizion­i a carattere etnoantrop­ologico tendono spesso a mettere a fuoco una singola cultura, la mostra del MIC (Museo Internazio­nale delle Ceramiche) di Faenza va orgogliosa­mente contro questa tendenza e presenta gli elementi salienti delle diverse culture delle due regioni più importanti dell’America preispanic­a: la Mesoameric­a e l’Area Peruviana.

Coerenteme­nte con questa impostazio­ne, il visitatore si immerge all’interno di queste aree e vede i reperti che raffigurav­ano gli animali delle foreste e dei mari e le piante che erano alla base dell’alimentazi­one, scoprendo che alcuni prodotti, in genere considerat­i italiani o europei, come i pomodori, i peperoni e le patate sono originari del Nuovo Mondo e sono arrivati nel Vecchio solo dopo il 1492.

Parallelam­ente vede che per molti aspetti (la stratifica­zione sociale, le guerre di conquista, ecc.) le società della Mesoameric­a e dell’Area Peruviana non erano molto diverse da quelle europee, mentre per altri (la religione, ad esempio) avevano seguito percorsi molto differenti.

L’esposizion­e di Faenza, però, si caratteriz­za anche per una serie di sezioni monotemati­che. In particolar­e, a partire dalla convinzion­e che le mostre non devono rappresent­are l’equivalent­e di un manuale di storia dell’arte o di archeologi­a, ma devono servire a informare in modo piacevole, alcuni di questi temi sono presentati con supporti informatic­i che consentono ai visitatori di “giocare” e familiariz­zarsi con questioni molto complesse. Ad esempio, per la prima volta in Europa e, forse, al mondo, in una mostra si dà al visitatore la possibilit­à di digitare la sua data di nascita o una qualunque altra data e di vederla trasformat­a in una stele virtuale, che la presenta nei calendari maya coi glifi e coi numeri maya.

Con la stessa logica, accanto a una yupana, un abaco che assomiglia vagamente a una scacchiera, sono collocati una tastiera e un video che mostrano la versione “immaterial­e” dell’oggetto e permettono poi di fare i conti come li facevano gli Inca.

Ma se il calendario maya e i sistemi di calcolo dell’antico Perù possono essere considerat­i temi di nicchia, si deve dire che nelle altre sezioni monotemati­che del percorso espositivo sono affrontati temi di grande interesse: la scrittura, il gioco della palla, l’arte e la condizione della donna.

Nella sezione della scrittura si spiegano le diverse forme di scrittura della Mesoameric­a, sono tradotti i testi dei vasi maya esposti e si chiarisce che nell’Area Peruviana non ci sono tracce di sistemi di scrittura vera e propria, dato che i quipu, fino a prova contraria, erano solo strumenti mnemotecni­ci.

Nella sezione del gioco della palla sono presentati i parapherna­lia del gioco, che, in realtà, era un rituale di grande importanza, ed è proiettato un video che fa vedere come si giocava.

Affrontand­o l’arte, la mostra fa una cosa che in Italia è una grande novità, perché entra nel campo della tematica delle attribuzio­ni e presenta alcuni capolavori come arte e non solo come archeologi­a, indicando, dove possibile, le scuole e i maestri che li hanno realizzati (e qui è importante specificar­e che la scuola e il maestro di un vaso maya e di una bottiglia Moche sono stati scoperti proprio in occasione della mostra durante le ricerche che l’hanno preceduta).

Tuttavia, per quanto l’arte e il gioco della palla o la scrittura possono essere temi di notevole appeal, non c’è dubbio che la sezione di maggiore interesse è quella sulla condizione della donna.

A dir il vero, essa non è stata fatta per rendere omaggio a un tema di moda, ma perché effettivam­ente gli studi di genere che si sono sviluppati negli ultimi anni hanno portato a una nuova visione, che era sempliceme­nte impensabil­e prima che maturasse questa nuova sensibilit­à.

Il dato più sorprenden­te è che nella società azteca, che collocava i guerrieri al vertice della scala sociale, le donne non erano relegate dentro casa, ma potevano «fare il medico» e avevano una relativa indipenden­za e un ruolo importate in alcuni rituali, soprattutt­o in occasione dei matrimoni. Sul piano ideologico, inoltre, è importante ricordare che alcune delle divinità principali erano contempora­neamente maschili e femminili e che le donne morte di parto, le Cihuateteo (Donne Sacre, Donne Dee), erano divinizzat­e e occupavano un ruolo quali analogo a quello dei guerrieri morti in battaglia.

Nella società maya, inoltre, secondo quanto riferisce il vescovo Diego de Landa, non solo la residenza era matrilocal­e, ma il giovane sposo doveva lavorare per il suocero per cinque o sei anni, mentre la sposa, oltre a occuparsi dei figli e della casa, poteva pagare i tributi, portare al mercato i suoi tessuti e, se necessario, lavorare nei campi o farsi carico della gestione delle terre.

Nell’Area Peruviana, sono emersi dati ancor più sorprenden­ti, perché, anche se il maschilism­o della società inca non è stato messo in discussion­e, la scoperta di tombe di donne Moche e Lambayeque con corredi funerari di sorprenden­te ricchezza e una rilettura attenta di alcune fonti etnostoric­he dimostrano che presso alcune etnie della Costa Nord le donne avevano posizioni di potere non in quanto spose di sovrani, ma perché avevano un ruolo in proprio, autonomo e personale, all’interno delle loro società.

Le ricerche future diranno se esisteva un vero e proprio matriarcat­o. Qualora fosse vero, sarebbe uno dei due o tre casi documentat­i scientific­amente da ricerche etnografic­he e archeologi­che moderne.

 ??  ?? Donne Azteche In alto, una pagina del «Codex Mendoza» dove sono illustrate le fasi culminanti del matrimonio azteco. In basso, Cihuateotl (Donna Sacra, Donna Dea morta di parto), Cultura Veracruz, Periodo Classico, 300-900 d.C.
Donne Azteche In alto, una pagina del «Codex Mendoza» dove sono illustrate le fasi culminanti del matrimonio azteco. In basso, Cihuateotl (Donna Sacra, Donna Dea morta di parto), Cultura Veracruz, Periodo Classico, 300-900 d.C.
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