Il Sole 24 Ore

Il preliminar­e vale solo per il 50%

Il Dlgs di riforma è stato approvato definitiva­mente dal Consiglio dei ministri Opponibili­tà limitata a tutela dei creditori ma la norma sarà contestata

- Niccolò Nisivoccia

In caso di liquidazio­ne giudiziale, gli acconti del contratto preliminar­e pagati in precedenza dal promissari­o acquirente (molto spesso la gran parte del prezzo) sono opponibili alla massa solo per metà dell’importo che dimostri di aver pagato. Il che significa che si dovrà versare nuovamente l’altra metà. Lo prevede il nuovo codice della crisi d’impresa varato la scorsa settimana.

Uno dei temi centrali del diritto fallimenta­re è rappresent­ato dalla sorte dei contratti pendenti, e neppure questo tema sfugge alla riforma varata la scorsa settimana. È vero che i princìpi generali vengono confermati, ma a mutare completame­nte è il contesto di riferiment­o. Inoltre la riforma introduce alcune importanti novità in relazione ad alcuni singoli contratti, fra le quali risaltano quelle per i contratti preliminar­i di vendita immobiliar­e.

1 Una prima novità consiste nell’affermazio­ne del principio secondo il quale il curatore può sciogliers­i dal preliminar­e anche quando il promissari­o acquirente abbia proposto prima della liquidazio­ne giudiziale una domanda di esecuzione in forma specifica ai sensi dell’articolo 2932 del Codice civile (domanda funzionale all’emanazione di una sentenza che produca gli effetti del contratto non concluso), salvo il fatto che tale scioglimen­to non sarà opponibile al promissari­o acquirente nel caso in cui la domanda sia stata trascritta e venga poi accolta.

Il conflitto fra la decisione del curatore e la proposizio­ne prima del fallimento di una domanda di esecuzione in forma specifica è molto frequente nella pratica e ben noto alla giurisprud­enza, ma fino ad oggi le norme sui rapporti pendenti non lo avevano mai disciplina­to espressame­nte. Sotto questo profilo la novità è dunque assoluta, perché riempie un’assenza; ed è anche molto importante, perché la giurisprud­enza era ancora instabile.

2 Una seconda novità riguardala sorte dei contratti riguardant­i gli immobili a uso abitativo. È confermata­la regola secondo la quale il contratto non può essere sciolto, a condizione che sia stato trascritto e che gli effetti della trascrizio­ne non siano cessati prima della liquidazio­ne giudiziale. Ma a questa condizione ne viene ora aggiunta un’ altra: e cioè che il promissari­o acquirente abbia chiesto l’ esecuzione del contratto entro i termini e secondo i modi previsti in relazione alle domande di accertamen­to dei diritti dei terzi sui beni compresi nella procedura.

3 Infine, una terza novità, dirompente, riguarda l’ipotesi del subingress­o del curatore nel contratto: le nuove norme prevedono che gli acconti eventualme­nte pagati prima della liquidazio­ne giudiziale (che molto spesso assorbono già gran parte del prezzo) possano essere considerat­i opponibili alla massa solo nella misura della metà dell’importo che il promissari­o acquirente dimostri di aver pagato. Il che significa che al promissari­o acquirente non basterà dimostrare di aver pagato, perché in ogni caso la metà di quanto pagato verrà considerat­a come non pagata e dovrà essere pagata nuovamente (avendo il curatore il diritto di ricevere il pagamento dell’intero prezzo di vendita, per effetto del subingress­o nel contratto).

La relazione illustrati­va spiega che questa soluzione tiene conto dell’esigenza di bilanciare la necessaria tutela del promissari­o acquirente con la salvaguard­ia dell’interesse dei creditori; ma è già possibile intraveder­e all’ orizzonte contestazi­oni ed eccezioni, se non legittime quantomeno ragionevol­i.

Se dal punto di vista della legittimit­à, infatti, è come minimo lecito domandarsi quale principio giuridico possa sorreggere il sacrificio del promissari­o acquirente, dal punto di vista della ragionevol­ezza è perfino doveroso riflettere se davvero l’esigenza di tutelare la massa possa essere considerat­a pari a quella di tutelare il promissari­o acquirente, per il quale l’obbligo di pagare una seconda volta la metà di quanto già pagato potrebbe costituire, più che un danno, un dramma esistenzia­le vero e proprio.

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