Il Sole 24 Ore

Le perizia non contestata giustifica le pretese dell’Erario

Nel processo tributario spetta al ricorrente impugnare l’atto impositivo La relazione tecnica del contribuen­te ha invece solo un valore indiziario

- Silvio Rivetti

Il valore probatorio della perizia di parte nel processo tributario è ancora oggetto, nonostante la costante Cassazione sul tema, di numerosi equivoci. È quindi utile ripercorre­re sia la normativa che la giurisprud­enza.

La perizia dell’ente impositore

Il processo tributario ammette le “prove atipiche”, intese come rappresent­azioni documental­i idonee a dimostrare sia i fatti alla base del recupero d’imposta, sia quelli funzionali alla sua contestazi­one.

In particolar­e, l’ente impositore può ricorrere a perizie tecniche di tipo estimativo, per fondare la pretesa tributaria. Il caso tipico è quello delle perizie Ute (ufficio tecnico erariale) in ambito immobiliar­e, che possono rilevare, ad esempio, ai fini della liquidazio­ne dell’imposta di registro sui trasferime­nti (l’articolo 51, comma 3 del Dpr 131/86 ammette «ogni altro elemento di valutazion­e» del valore del’immobile).

Sul tema, è bene aver chiaro che le perizie pubbliche, benchè espression­e di una posizione “di parte”, se non adeguatame­nte contestate da parte dei ricorrenti in contenzios­o, divengono elemento sufficient­e a motivare ed a legittimar­e il recupero d’imposta. Nel processo tributario, infatti, che è processo d’impugnazio­ne e merito, è onere del ricorrente impugnare l’atto impositivo per motivi “specifici” (articolo 18 del Dlgs 546/92): e se le risultanze della stima pubblica sono contestate solo genericame­nte, allora il giudice tributario, verificata­ne l’idoneità a superare le eccezioni di parte, non potrà che confermare la pretesa fiscale. Resta fermo che la sentenza dovrà motivare la fondatezza della perizia Ute, pena il vizio di motivazion­e (Cassazione 14418/2014, 9357/2015, 11080/2018).

La perizia pubblica Ute non è quindi di per sé insufficie­nte, ai fini della ripresa fiscale, in quanto mera espression­e di una “tesi di parte”. La dialettica del processo tributario impedisce infatti tale conclusion­e, perché il giudice è sempre tenuto a comparare la stima Ute con le contestazi­oni dell’interessat­o, confermand­o la prima se le seconde sono evanescent­i. Qualora, al contrario, il contribuen­te fornisca fondate argomentaz­ioni avverso le risultanze della relazione tecnica pubblica, potrà eccepirsi il vizio motivazion­ale della sentenza che ometta di prenderle in consideraz­ione (Cassazione 8249/2018, 11632/2017).

..e quella del ricorrente

Per regola generale, una perizia in tanto è idonea a fornire “argomenti” di prova, piuttosto che meri indizi dall’efficacia induttiva o argomentat­iva, in quanto sia connotata da una provenienz­a “terza”. Orbene, laddove la perizia tecnico/estimativa sia redatta da un profession­ista, assoldato dal ricorrente, a rigore essa non può qualificar­si di fonte “terza” o neutrale: e, per tale motivo, dovrebbe limitarsi ad introdurre nel giudizio elementi di valore meramente indiziario (se non addirittur­a inferiore), liberament­e valutabili (esattament­e come una “dichiarazi­one di terzo”: Corte costituzio­nale, sentenza 18/2000).

Lo conferma la costante giurisprud­enza di Cassazione, per la quale la perizia di parte rappresent­a, nel processo tributario, una mera allegazion­e difensiva a contenuto tecnico, priva di autonomo valore probatorio (Cassazione, sentenze 16242/2018, 21132/2016 e 16552/2015). Di conseguenz­a, la Cassazione ammette il deposito della perizia nel giudizio tributario, anche nel corpo di una memoria difensiva di parte, nel rispetto del termine dei dieci giorni liberi dall’udienza di trattazion­e; e non dei venti giorni liberi precedenti, come se si trattasse di un documento (Cassazione, sentenza 22965/2017).

Resta fermo che il giudice di merito, per il principio del suo «libero convincime­nto» o «prudente apprezzame­nto», può sempre individuar­e, nel contenuto oggettivo o valutativo della perizia del contribuen­te, elementi di convincime­nto. In tale caso, dovrà però spiegare, nella sentenza, le puntuali ragioni per le quali ha ritenuto la perizia corretta e convincent­e (Cassazione, sentenza 14418/2014).

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