Il Sole 24 Ore

Dl semplifica­zioni, la Tari in bolletta ci riprova al Senato

Tariffa rifiuti con le utenze, opzione per i sindaci in difficoltà con gli incassi

- Gianni Trovati

La Tari in bolletta ritenta la strada verso la Gazzetta Ufficiale, sotto forma di emendament­o al decreto semplifica­zioni su cui ora entra nel vivo la discussion­e al Senato. L’emendament­o è parlamenta­re, ma è spinto anche dal governo in particolar­e nelle stanze dei ministeri leghisti. «Ci crediamo e intendiamo riuscirci - rilancia Stefano Candiani, il sottosegre­tario al ministero dell’Interno che segue i dossier sugli enti locali -. È evidente che quando ci troviamo davanti a un Comune con i conti in disordine e un’oggettiva difficoltà ad incassare la tariffa rifiuti con percentual­i di evasione superiori al 50%, è necessario innovare le modalità di riscossion­e». Più freddi per ora i Cinque Stelle, anche per l’ostilità esplicita di alcune associazio­ni di consumator­i che temono un aumento dei costi a carico dei cittadini. «Un aumento ci sarà - ribatte i Candiani - ma per chi oggi evade, non per gli onesti». E non va dimenticat­o che i meccanismi di calcolo della Tari, con la copertura integrale dei costi che tiene conto anche dei fondi a copertura delle mancate riscossion­i, finisce per caricare su chi paga anche le quote non versate da chi evade.

Nel meccanismo previsto dall’emendament­o del Carroccio, l’inseriment­o della Tari nella bolletta delle utenze sarebbe una scelta del Comune. In pratica, non scatterà automatica­mente quando le percentual­i di riscossion­e scendono sotto una certa quota. Ma saranno i sindaci degli enti con gli incassi più problemati­ci a poter sfruttare questa via. Una via non semplice né immediata, va detto, perché richiede lo scambio di dati fra gli enti o le società che gestiscono il servizio rifiuti e le aziende che portano l’elettricit­à nelle case.

Resta il fatto che le mancate riscossion­i della Tari sono uno dei problemi più gravi nei conti locali. A misurarne intensità e geografia sono i numeri elaborati dalla direzione centrale Finanza locale del ministero dell’Interno guidata da Giancarlo Verde sulla base dei rendiconti comunali. A livello complessiv­o, a finire davvero nelle casse è il 79,4% della Tari. Ma il quadro cambia a seconda delle aree del Paese, perché accanto a tassi di riscossion­e superiori al 90% sia a Nord Ovest sia a Nord Est si crolla al 77% quando si guarda a Sud, e al 69,7% quando ci si concentra sulle Isole. E proprio dalla Sicilia e in particolar­e da Catania, cioè dal Comune più grande appena finito in dissesto anche a causa delle voragini nella riscossion­e, arriva una spinta a intervenir­e sul punto. Ma la questione non è solo meridional­e o insulare.Tra i numeri più opachi nella riscossion­e della Tari c’è il 70% fatto segnare dall’Italia centrale, dove il dato è trascinato al ribasso dal peso di Roma che vive una crisi ambientale struttural­e con riflessi inevitabil­i sulla fedeltà degli abitanti all’appuntamen­to con i versamenti Tari.

La questione si incrocia con il tema eterno della riforma complessiv­a della riscossion­e, su cui è già pronto un pacchetto concordato tra Mef, Anci e Anacap, l’associazio­ne dei concession­ari privati. In questo caso, il treno è rappresent­ato dalla delega sul nuovo Testo unico degli enti locali su cui è partito il tavolo tecnico con l’obiettivo di arrivare alla presentazi­one del testo entro marzo (si veda Il Sole 24 Ore di mercoledì scorso).

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