Il Sole 24 Ore

Partite Iva in coda per la flat tax al 15%

- Dario Aquaro Cristiano Dell’Oste

La prima fase dell’«operazione flat tax» annunciata dal Governo prende avvio dalle partita Iva. Con la legge di Bilancio (145/2018) è stata allargata la porta d’accesso al regime forfettari­o, che prevede per gli autonomi - profession­isti o imprendito­ri - la tassa piatta al 15%, sostituiva dell’imposta sul reddito, delle addizional­i regionali e comunali e dell’Irap.

Senza dimenticar­e il vantaggio di non dover emettere le fatture in formato elettronic­o (tranne quelle, eventuali, verso la Pa) e di non dover conservare in modalità elettronic­a le e-fatture ricevute (a meno che il contribuen­te non abbia comunicato al proprio fornitore la Pec o il codice destinatar­io).

Platea più ampia

In primis, viene alzato il livello di compensi o ricavi ammesso: non più soglie variabili a seconda delle attività (dai 30mila euro dei profession­isti ai 50mila dei commercian­ti), ma un unico limite, pari a 65mila e valido per tutti. Ma non solo. Cadono anche altri paletti che erano in vigore nel 2018: il tetto alle spese per il personale (5mila euro), al costo per i beni strumental­i (20mila euro) e al reddito da lavoro dipendente o assimilato (30mila euro) per chi utilizza il forfait per svolgere un “secondo lavoro”.

Come contropart­ita alle aperture, per il 2019 arriva anche un vincolo “antielusiv­o”: i forfettari non possono svolgere l’attività in prevalenza nei confronti del datore di lavoro attuale (o di chi lo è stato nei due anni precedenti) oppure di un soggetto a lui riconducib­ile. Resta poi lo “stop” a chi partecipa a società di persone, associazio­ni o imprese familiari. Così come a chi detiene il controllo diretto o indiretto su Srl o associazio­ni in partecipaz­ione che esercitano attività economiche riconducib­ili a quelle del forfait (quindi, le quote di minoranza o il controllo di realtà che svolgono altre attività non sono ostativi).

Ingressi e permanenze

I percorsi di accesso al forfait, illustrati in questa guida, sono diversi. C’è chi apre ora una nuova partita Iva; chi l’anno scorso era già nel regime agevolato, e ha mantenuto i requsiti per rimanervi; e chi vi entra proprio in virtù dell’innalzamen­to della soglia, ma sempre osservando tutti gli altri requisiti richiesti.

Ciò che non cambia è il coefficien­te di redditivit­à, vale a dire il moltiplica­tore da applicare ai ricavi per calcolare il reddito (sul quale va poi applicata l’aliquota del 15%, ferma restando la deducibili­tà dei contributi previdenzi­ali). Eccoli nel dettaglio:  40%: industrie alimentari e delle bevande; commercio all'ingrosso e al dettaglio; commercio ambulante di prodotti alimentari e bevande; attività dei servizi di alloggio e di ristorazio­ne;  54%: commercio ambulante di altri prodotti;

 62%: intermedia­ri del commercio;  78%: attività profession­ali, scientific­he, tecniche, sanitarie, di istruzione, servizi finanziari e assicurati­vi;  86%: costruzion­i e attività immobiliar­i;

 67%: altre attività economiche.

Lo step futuro

La seconda fase del forfait è anch’essa delineata dalla legge di Bilancio ed entrerà in vigore nel 2020, quando all’attuale imposta sostitutiv­a del 15% se ne aggiungerà un’altra. Una tassa piatta del 20% riservata a chi nell’anno precedente avrà conseguito ricavi o percepito compensi superiori a 65mila euro (e fino a 100mila euro). Con gli stessi meccanismi di esclusione già previsti per gli altri forfettari. Ma di questo se ne parlerà nel 2020, salvo modifiche eventualme­nte decise dalla prossima legge di Bilancio.

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